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19 Febbraio 2023 - 09:44
IN FOTO Primi anni Settanta del XX seco lo, la Biblioteca civica «Cesare Gasti» accanto all’antica chie sa cimiteriale di San Pietro
Compie sessant’anni la Biblioteca civica di Dogliani, centro di dolci colline nelle Langhe, dov’è sepolto Luigi Einaudi, nato nella vicina Carrù, insigne economista, politico e presidente della Repubblica italiana dal 1948 al 1955. L’anniversario non è privo di significato poiché la biblioteca fu ideata, nelle sue strutture e nel suo allestimento interno, quale esempio funzionale e replicabile per i centri urbani di dimensioni medio-piccole. Si trattò, insomma, di un’opera pionieristica.
Donata al Comune di Dogliani dall’editore Giulio Einaudi per ricordare il padre Luigi, la biblioteca fu concepita dallo «Studio A/Z Architetti e Ingegneri» di Roma, con la consulenza critica di Bruno Zevi, il famoso architetto e urbanista. Nelle intenzioni dell’editore e dei progettisti, doveva costituire un modello da riprodurre liberamente allo scopo di propagare la cultura nei quartieri periferici delle città e nei piccoli centri di un’Italia che viveva, in quel periodo, una vorticosa fase di boom economico e di migrazioni interne.
IN FOTO La Biblioteca <<Luigi Einaudi>> di Dogl iani in una bella immagine d’epoca
L’idea era rivoluzionaria: semplice e razionale, la biblioteca non sarebbe più stata intesa come un contenitore inaccessibile di volumi, ma come uno spazio aperto, in grado di favorire la vita culturale e l’aggregazione. Giustamente Lorenzo Mondo rilevò che «tutto si riduce ad una passeggiata confidenziale tra i libri», i quali «perdono il loro aspetto scostante e arcigno, invitando il lettore più diffidente all’indugio e poi alla sosta».
perdono il loro aspetto scostante e arcigno, invitando il lettore più diffidente all’indugio e poi alla sosta
Lo stesso Giulio Einaudi definì le linee ispiratrici del progetto. Prefabbricata per contenere i costi, la biblioteca doveva essere costituita da elementi assemblabili senza ostacoli in modo da soddisfare le più diverse esigenze delle comunità locali. Era inoltre indispensabile che la struttura fosse situata in maniera strategica nel tessuto urbano.
Anche Settimo Torinese, allora in piena crescita demografica, non fu insensibile al fascino del progetto einaudiano. Intitolata a Cesare Gasti e dapprima ospitata nel palazzo civico di via Roma, quindi nell’ex forno pubblico di via Giuseppe Mazzini (non esiste più, al suo posto vi è la piazzetta Piero Calamandrei), la biblioteca aveva sede nel plesso scolastico di via Michelangelo Buonarroti. A impedire che diventasse un vero polo culturale per tutta la città era la mancanza di una sede dignitosa. Sulla carta i progetti non mancavano.
Presieduta dal sindaco Ermanno Bonifetto, socialista, la giunta di sinistra in carica dal 1960 pareva seriamente intenzionata ad acquistare circa seimila metri quadri di terreno a ridosso della ferrovia per Milano, nella zona dell’ex tessitura Gamna e della cascina di proprietà del beneficio parrocchiale di San Pietro in Vincoli (ora piazza degli Alpini). In una parte dell’area, fra il verde pubblico, si pensava d’innalzare un moderno palazzo civico, realizzando altresì una biblioteca in grado di contenere ventimila volumi, con almeno un capiente salone per assemblee e conferenze. La struttura realizzata a Dogliani avrebbe dovuto costituire il modello a cui ispirarsi. Il costo dell’opera era stimato in 19 milioni di lire: nel 1964 la giunta ne inserì 15 a bilancio, confidando nell’aiuto della Provincia.
Ancora presieduta da Bonifetto, la successiva amministrazione di centrosinistra si orientò per una soluzione diversa, forse più adatta a una città in forte sviluppo demografico. Nel gennaio 1966, accantonato il modello della biblioteca di Dogliani, i disegni dell’opera furono commissionati all’architetto Dario Berrino, precedentemente incaricato di progettare la scuola «Angelo Roncalli» del Villaggio Fiat e il consultorio dell’Onmi, in via Don Luigi Paviolo.
E Settimo ebbe finalmente la sua biblioteca, nei giardini della nuovissima piazza degli Alpini.
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