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L’avvocato risponde

Il rischio di rifiutare gli straordinari

Licenziamento di un metalmeccanico: la Corte di Cassazione conferma la decisione del datore di lavoro

Meccanico

Meccanico (foto d'archivio)

A causa del reiterato rifiuto di un metalmeccanico a prestare la propria disponibilità a svolgere il lavoro in orario supplementare nel maggio di sette anni fa, nonostante le esigenze produttive palesate dall’impresa, il datore di lavoro decise di licenziarlo.

A decidere sulla correttezza della decisione di quest’ultimo, il quale, da parte sua, non avrebbe  avvisato i sindacati e si sarebbe limitato a preavvisare i dipendenti affiggendo un cartello sul luogo di lavoro, il giorno 20 di aprile di quest’anno è stata depositata in Cancelleria l’ordinanza n 10623 pronunciata dai giudici della sezione lavoro della Corte di Cassazione, con la quale furono definitivamente rigettate le motivazioni sottese alle doglianze del lavoratore ricorrente.

Nell’argomentare le proprie statuizioni, i giudici hanno evidenziato come, a mente dell’art. 7 del contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici, nessun obbligo vige in capo al datore di informare o consultare i sindacati quando ( come nel caso di specie) il numero di  ore supplementari richieste non superi la così detta “ quota esente”, costituita dal limite massimo di due ore giornaliere e otto ore settimanali con preavviso di almeno ventiquattro ore.

Allo stesso tempo, la Corte ha ritenuto di non doversi addentrare sulla questione relativa all’assolvimento da parte dell’impresa del dovere di preavviso trattandosi di questione apprezzabile esclusivamente dai giudicanti delle precedenti fasi del giudizio e non in sede di legittimità, attesa l’assenza di disposizioni normative sulle modalità di tale adempimento. Passa in giudicato, dunque, sul punto la decisione della Corte di Appello che confermava l’adeguatezza del cartello a fungere da valido preavviso di straordinario.

L’esito delle complessive valutazioni condusse la Corte di Cassazione a decretare una  assenza di spirito di collaborazione del dipendente, tale da determinare un suo grave inadempimento che pertanto giustificò, per motivi oggettivi, il licenziamento.

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