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Settimo Torinese

Violante Placido inaugura la stagione al “Garybaldi” con “Femmes Fatales” e si parte con un successo

L’attrice e cantante ha incantato la platea accorsa per la prima data in programma

Violante Placido

In foto, Violante Placido sul palco alla Suoneria di Settimo

Yoko Ono «perché ha fatto parte della mia infanzia, e mi ha sempre affascinato». Françoise Hardy «perché stavo girando un film a Parigi è lì che l’ho scoperta». Nico «perché quando avevo 22 anni avevo un ragazzo musicista e con lui parlavo spesso di Nico». Marianne Faithfull «perché è simbolo dell’epoca che creò il rock, è una sopravvissuta, una fenice che continuamente è risorta dalle sue stesse ceneri». Patty Pravo perché «è un mito assoluto e ringrazio che in Italia abbiamo un’artista come lei».

Tutti i perché delle cinque donne scelte da Violante Placido per il suo “Femmes fatales”, lo spettacolo che proprio sabato scorso al Teatro Garybaldi di Settimo ha inaugurato la stagione 2023 “Amami ancora”. E a proposito dei tanti perché, Violante spiega anche il perché del titolo: «Perché Mauro Ermanno Giovanardi mi aveva invitata come ospite a uno dei suoi tanti concerti e mi aveva suggerito di cantare “Femmes fatales”, uno dei brani che Nico cantò per i Velvet Underground». 

Nella doppia veste di cantante e attrice, l’artista, accompagnata da una band composta da Dario Ciffo (chitarra e basso), Piero Monterisi (batteria) e Sebastiano Forte (chitarra), confeziona uno spettacolo tra recitazione e musica per far conoscere al pubblico donne fatali sì, ma soprattutto donne capaci di trasformare gli ostacoli in motore creativo, di lasciare un segno, e di essere sempre coraggiosamente se stesse, nonostante le etichette. La Placido, oltre ad essere la voce recitante, ha curato anche i testi con Michele Primi. 

Domenica 12 febbraio, il programma continua con l’affascinante percorso drammaturgico fra parole e musica di Valentina Lodovini, nel testo dello spettacolo intitolato “A futura memoria”, insieme al FontanaMIX String Quartet: pagine di compositori che il regime stalinista censurò accusandoli di “formalismo” si intrecciano ad una selezione di testi di Anna Politkovskaja, la coraggiosa giornalista russa che nel 2006 pagò con la vita la sua ricerca di verità e giustizia. 

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