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Cronaca
17 Dicembre 2025 - 09:14
"Club del sesso" a 9 anni in una scuola elementare: quando la pornografia ruba l'innocenza ai più piccoli
La vicenda colpisce perché rompe l’ultima illusione di distanza tra l’infanzia e il mondo degli adulti. In una scuola elementare, bambini di nove anni hanno creato un club del sesso. Per farne parte era necessario superare una prova: guardare sul cellulare di un compagno video pornografici, anche molto espliciti. Non tutti ci sono riusciti. Una bambina, di fronte a quelle immagini, si è sentita male. È stato il suo racconto alla madre a far emergere una storia che inquieta non per ciò che è accaduto, ma per ciò che rivela.
Non c’è un adulto predatore, non c’è un estraneo, non c’è una figura criminale classica. I protagonisti sono bambini, e il mezzo è uno strumento di uso quotidiano. Questo rende il quadro ancora più difficile da accettare: la pornografia è entrata nella vita dei più piccoli senza filtri, senza passaggi intermedi, senza la presenza di un adulto capace di spiegare, contenere, proteggere. È un segnale di quanto l’accesso incontrollato alla rete stia anticipando esperienze che l’età non è pronta a sostenere.
Il caso è stato portato all’attenzione pubblica da Alberto Pellai, psicologo dell’età evolutiva, che da tempo segnala come episodi simili arrivino con crescente frequenza all’attenzione degli specialisti. Non si tratta di eccezioni, ma di una tendenza che spesso resta sommersa. Nella maggior parte dei casi emerge solo quando un bambino manifesta un disagio evidente, fisico o psicologico. Qui è stato il corpo di una bambina a dire basta, reagendo a immagini che non riusciva a elaborare.

È importante distinguere la naturale curiosità infantile dall’esposizione a contenuti sessuali adulti. A nove anni il cervello è ancora in una fase di sviluppo in cui le emozioni non sono pienamente regolabili e la capacità di dare senso a ciò che si vede è limitata. La pornografia online propone una sessualità priva di affettività, spesso aggressiva, basata su dinamiche di potere e prestazione. Per un bambino così piccolo questo può tradursi in confusione, paura, ansia, senso di colpa e, in alcuni casi, in vere e proprie reazioni fisiche.
I dati confermano che l’età del primo contatto con la pornografia si sta abbassando. Già alcuni studi del Cnr indicavano i 12 anni come età media di primo accesso. Oggi, secondo gli esperti, quella soglia è scesa ulteriormente. Il caso dei bambini di nove anni mostra quanto il fenomeno stia entrando in una fascia d’età che fino a pochi anni fa sembrava lontana da questi contenuti.
Le conseguenze non sono solo immediate. L’approccio precoce e solitario alla sessualità può incidere sulla costruzione dell’identità. Nelle bambine può favorire un adattamento a modelli sessuali sbilanciati, con una normalizzazione della violenza e una difficoltà a riconoscere i propri limiti. Nei bambini può alimentare aspettative irrealistiche e problemi legati all’ansia da prestazione. Tutto questo avviene in assenza di un’educazione affettiva che dia parole, contesto e senso alle esperienze.
Attribuire la responsabilità ai minori sarebbe un errore. Gli esperti insistono su un punto chiave: la responsabilità è condivisa e coinvolge famiglia, scuola e piattaforme digitali. Le famiglie spesso consegnano uno smartphone ai figli molto presto, talvolta per comodità, talvolta per pressione sociale. Ma uno smartphone non è uno strumento neutro. È una porta sempre aperta su contenuti che un bambino non è in grado di selezionare né di comprendere.
Lasciare a un minore la disponibilità totale di accesso alla rete significa esporlo a rischi concreti. Non si tratta di demonizzare la tecnologia, ma di riconoscerne l’impatto. Le linee guida pediatriche sconsigliano l’uso dello smartphone prima dei 13 anni e l’accesso ai social network prima dei 18. Indicazioni spesso ignorate, nonostante siano basate su evidenze scientifiche legate allo sviluppo cognitivo ed emotivo.
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