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Cronaca
27 Novembre 2025 - 15:23
15enne di Bra a processo per la morte di Abdou, lui nega: «Non ho ucciso il mio amico» (immagine di repertorio)
«Non ho ucciso il mio amico.» La frase, ripetuta dal quindicenne di Bra indagato per la morte di Abdou Ngom, 14 anni, pesa su una vicenda che ha scosso una comunità intera. Dall’altra parte ci sono le valutazioni della procura per i minorenni, secondo cui sarebbe stato proprio lui a spingere il coetaneo nelle acque del Tanaro. Il pubblico ministero Davide Fratta ha disposto il giudizio immediato con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, mentre la difesa – rappresentata dagli avvocati Giuseppe Vitello e Piermario Morra – ha chiesto il giudizio abbreviato. Due percorsi processuali diversi, una sola domanda rimane al centro: che cosa è davvero accaduto sulle rive del fiume.
Secondo quanto emerge dagli atti richiamati dalla procura minorile, l’ipotesi accusatoria è netta: il quindicenne avrebbe spinto in acqua Abdou Ngom, 14 anni, durante un episodio avvenuto lungo il Tanaro. Il ragazzo indagato respinge con decisione ogni responsabilità, ribadendo di non aver «ucciso il suo amico». La ricostruzione della dinamica, del contesto in cui tutto è accaduto e delle eventuali responsabilità è ora tutta nelle mani dell’autorità giudiziaria minorile, chiamata a leggere ogni elemento con la massima attenzione.
La scelta del pm Fratta di ricorrere al giudizio immediato è un passaggio che segnala come, sul piano dell’accusa, il quadro probatorio sia ritenuto già sufficientemente definito per arrivare direttamente al processo, senza passare dall’udienza preliminare. In questa cornice si colloca la contestazione più grave, quella di omicidio volontario con dolo eventuale, formulazione che inquadra le ipotesi in cui non si dimostra una volontà diretta di uccidere, ma si ritiene che l’imputato abbia accettato il rischio che la sua condotta potesse provocare la morte.
Su un piano diverso, ma ugualmente decisivo, si colloca la strategia difensiva. Gli avvocati Vitello e Morra hanno chiesto il giudizio abbreviato, un rito alternativo che si celebra allo stato degli atti, cioè sulla base del materiale probatorio già raccolto, senza il dibattimento ordinario. Una scelta che, sul fronte tecnico, può comportare benefici di pena in caso di condanna, ma che in questo caso indica anche la volontà di far valutare quanto prima, da un giudice, il complesso delle prove, mantenendo ferma la presunzione di innocenza del ragazzo e la contestazione dell’impianto accusatorio.
Al centro del fascicolo restano i concetti chiave richiamati dalle parti. Il dolo eventuale è una delle figure giuridiche più discusse: non coincide con la premeditazione, ma con l’idea che chi agisce, pur non avendo come obiettivo diretto la morte di qualcuno, accetti il rischio che dalla propria condotta possa derivare un esito letale e prosegua comunque nella sua azione. Il giudizio immediato, invece, è lo strumento processuale che il pubblico ministero può chiedere quando ritiene che gli elementi raccolti siano già solidi, tanto da rendere superflua l’udienza preliminare. Il giudizio abbreviato, chiesto dalla difesa, è un rito allo stato degli atti: il giudice decide su ciò che è nel fascicolo in quel momento, senza escussioni di testimoni in aula come avviene nel dibattimento ordinario.
Sullo sfondo rimane il contesto delicatissimo dei procedimenti minorili. In questa vicenda, un ragazzo ha perso la vita e un altro, appena più grande, si trova a rispondere di un’accusa gravissima. La cronaca giudiziaria è chiamata a muoversi con estrema cautela: rispetto per la memoria di Abdou Ngom, tutela rigorosa dell’identità dell’indagato, rifiuto di semplificazioni e di giudizi sommari. La frase «Non ho ucciso il mio amico» restituisce la dimensione umana di questa storia e richiama la necessità di ascoltare tutte le versioni, lasciando che sia il processo a fare chiarezza.
I prossimi passaggi si consumeranno davanti al giudice competente per i minorenni, che dovrà pronunciarsi sulla richiesta di giudizio abbreviato e, eventualmente, celebrare il rito scelto dalle parti. Sarà in quella sede che verranno valutati gli atti, le testimonianze e ogni riscontro tecnico, nel tentativo di ricostruire con precisione la dinamica lungo il Tanaro e di stabilire se l’ipotesi di omicidio con dolo eventuale regga alla prova del contraddittorio. Un percorso che si annuncia complesso e che dovrà tenere insieme il diritto alla verità processuale e la sensibilità dovuta a chi, in questa storia, non c’è più.

Immagine di repertorio
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