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Cronaca
26 Novembre 2025 - 10:23
Quattordicenne sfregia la rivale con un accendino davanti alla scuola: arriva una condanna durissima che supera le richieste della procura minorile
La violenza cieca non ha età, e lo dimostra una vicenda che a Torino, negli ultimi mesi, ha sconvolto famiglie, scuola e investigatori. Una ragazza di 14 anni è stata condannata a tre anni, sette mesi e venti giorni di carcere per aver sfregiato con un accendino il volto di una coetanea. Un gesto feroce, consumato in pochi secondi, che ha lasciato una cicatrice nuova e profonda nella cronaca minorile. La pena è più alta di quella chiesta dalla stessa procura dei minori, che aveva domandato tre anni e due mesi.
Tutto accade in un pomeriggio di febbraio 2025, fuori da un istituto scolastico che le due adolescenti frequentavano entrambe. Non erano amiche, ma si conoscevano bene. Da tempo circolavano tensioni, piccoli attriti, qualche parola di troppo. Secondo le prime ricostruzioni, a innescare la miccia sarebbe stata una questione sentimentale, una gelosia adolescenziale trasformatasi in pretesto per un confronto che ben presto ha superato ogni limite.
Prima gli insulti, poi le spinte, poi i pugni. E infine quel gesto finale, improvviso, che ha cambiato la traiettoria dell’intera vicenda: la 14enne estrae un accendino, lo accende e lo avvicina al viso della rivale, provocandole ustioni e uno sfregio permanente. La scena dura pochi istanti, ma è sufficiente per segnare due vite.

Dai primi elementi raccolti dagli investigatori emerge un particolare inquietante: alcuni passanti avrebbero assistito alla lite senza intervenire, come se la brutalità fosse un dettaglio ormai normalizzato. L’unica persona che avrebbe provato a separarle è una donna presente per caso, incapace però di contenere l’escalation. Poco dopo arrivano i sanitari del 118 e i carabinieri. Scattano la denuncia, gli atti urgenti, gli interrogatori.
La minore responsabile dell’aggressione, difesa dall’avvocato Luigi Mandrone, era stata arrestata subito dopo i fatti. Nel corso del processo, la procura ha ricostruito non solo l’episodio di febbraio ma anche precedenti comportamenti aggressivi della stessa ragazza, segnalati alla scuola e ad alcuni servizi territoriali. Un profilo difficile, segnato da fragilità e da una gestione della rabbia evidentemente fuori controllo.
Il legale ha annunciato ricorso contro la sentenza, sostenendo che la giovane avrebbe compreso la gravità del gesto e si sarebbe scusata con la vittima. Ma la Corte ha ritenuto il quadro complessivo particolarmente allarmante, tanto da infliggere una pena superiore alle richieste dell’accusa. La vittima, assistita da un’équipe medica, sarà sottoposta a ulteriori valutazioni per trattare le lesioni e valutare gli interventi ricostruttivi necessari.
Questa storia non è solo la cronaca di un atto brutale. È la fotografia di un disagio che cresce in silenzio, spesso dentro le classi, nei corridoi, nei cortili delle scuole. È una violenza che si sviluppa tra giovanissimi e che, quando esplode, lascia segni profondi tanto sui corpi quanto nelle comunità che si trovano a fare i conti con le sue conseguenze.
Una condanna così pesante per una 14enne diventerà inevitabilmente un precedente giudiziario e sociale. Un segnale che la giustizia minorile, pur vocata alla rieducazione, non ignora la gravità di atti capaci di cambiare per sempre la vita di una vittima. Ora si apre la fase del ricorso, mentre due famiglie cercano risposte in una vicenda che nessuno avrebbe mai immaginato potesse arrivare a tanto.
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