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Cronaca

Buoni benzina in campagna elettorale: a Cuneo l’ex candidata FdI va a giudizio insieme al marito e a un conoscente

In aula ad aprile: l’accusa è corruzione elettorale. La vicenda nata dalla denuncia di una coppia di Crissolo e poi esplosa con Report

Buoni benzina in campagna elettorale: a Cuneo l’ex candidata FdI va a giudizio insieme al marito e a un conoscente

Buoni benzina in campagna elettorale: a Cuneo l’ex candidata FdI va a giudizio insieme al marito e a un conoscente

Il caso dei buoni benzina finisce ufficialmente in tribunale. Sarà un’udienza predibattimentale fissata per aprile 2026 a stabilire il futuro processuale di Elisa Tarasco, ex candidata di Fratelli d’Italia alle ultime Regionali, che insieme al marito Gabriele Genre e a un vicino di casa, Luciano Mobiglia, dovrà rispondere dell’accusa di corruzione elettorale. Una vicenda nata in sordina, esplosa solo mesi dopo, e che ora approda davanti ai giudici di Cuneo con un fascicolo costruito su denunce, testimonianze e indagini dei carabinieri.

Secondo la ricostruzione del procedimento, tutto inizia nei giorni immediatamente precedenti al voto. È allora che i coniugi Kanti Fadelli e Diego Brezzo, residenti a Crissolo, raccontano di essere stati avvicinati da Tarasco e Genre e di aver ricevuto una busta contenente due buoni carburante da 50 euro ciascuno, accompagnati da materiale elettorale della candidata. Il presunto episodio, riferito al sindaco del paese poche ore dopo le elezioni, ha portato la procura a delegare ai carabinieri verifiche e riscontri, nel massimo riserbo.

Per mesi tutto è rimasto confinato nei verbali, finché i due denunciatari hanno deciso di rivolgersi alla trasmissione Report, contribuendo a far deflagrare la vicenda a livello nazionale. A quel punto si è avanti un altro nome: Luciano Mobiglia, ex allevatore e vicino di casa dei Brezzo, che in un’intervista ha ammesso di aver ricevuto anche lui cinquanta euro in quella fase della campagna elettorale. Per gli inquirenti, un elemento sufficiente a contestargli lo stesso capo d’accusa.

Nella propria replica scritta a Report, Tarasco ha negato ogni addebito, sostenendo che «la consegna dei buoni non era collegata alla campagna elettorale», definendo il gesto «un atto di amicizia verso una famiglia del nostro paese, alla stessa stregua di due bottiglie di buon vino». Una versione che gli investigatori hanno messo in relazione con le testimonianze e con il materiale acquisito nelle settimane successive.

Ora la parola passa ai giudici. Il reato contestato – la corruzione elettorale – prevede pene severe quando viene accertata la promessa o la consegna di beni o denaro in cambio del voto. Sarà il dibattimento a definire il perimetro dei fatti e la credibilità degli elementi raccolti, nel rispetto della presunzione di innocenza che accompagna tutti gli imputati fino a sentenza definitiva.

La vicenda, osservata con attenzione anche a livello politico, porta con sé il tema più ampio della trasparenza nelle campagne elettorali, soprattutto nelle comunità più piccole, dove relazioni personali e dinamiche amministrative si intersecano con maggiore facilità. Quel che è certo, per ora, è che il 2026 si aprirà con un processo destinato a far discutere, tra ricostruzioni divergenti, atti d’accusa e difese che promettono di essere serrate.

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