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Cronaca

Delitto di Collegno, l’ossessione che ha armato la mano di Nicastri: “Voleva sposarmi”

Una proposta di matrimonio respinta, paure sull’affidamento dei figli e una spirale di sospetti culminata nella notte del 23 ottobre. La testimonianza della ex compagna di Marco Veronese ribalta il quadro dei rapporti tra vittima, assassino e famiglia

Delitto di Collegno, l’ossessione che ha armato la mano di Nicastri: “Voleva sposarmi”

Delitto di Collegno, l’ossessione che ha armato la mano di Nicastri: “Voleva sposarmi”

Non capita spesso che un delitto si presenti già dall’inizio come una contraddizione vivente. Un uomo descritto da tutti come mite, Michele Nicastri, 49 anni, ingegnere informatico, diventa l’autore di 24 coltellate inferte all’1.35 del 23 ottobre a Marco Veronese, 39 anni, padre di tre bambini. Un gesto feroce, incompatibile con l’immagine dell’uomo che fino a pochi mesi prima si diceva innamorato, ansioso, fragile. E proprio lì, nello scarto tra immagine e realtà, si adagia la ricostruzione che in queste ore emerge dalle carte dell’inchiesta.

È Valentina Becuti, ex compagna di Veronese e madre dei tre figli, oggi fidanzata di Nicastri, a raccontare ai pm ciò che per mesi era rimasto fuori radar. La loro relazione, dice, era iniziata davvero “dopo anni da amici” solo nel gennaio 2025. Un mese dopo, quasi senza il tempo di sedimentare nulla, Nicastri le chiede di sposarlo. Una proposta che nella sua normalità apparente rivela però un’urgenza: assicurarsi la donna, mettere un sigillo su una relazione appena nata. Lei rifiuta. «Non sono pronta», spiega. Un “no” che si innesta sui problemi con l’ex compagno, sulla causa per l’affidamento, sulla paura — di entrambi — che la pressione familiare possa far crollare quell’equilibrio già fragile.

Secondo quanto riferisce ai magistrati, per mesi Valentina non aveva detto nulla della nuova relazione né a Marco né ai suoi genitori. Un silenzio che diventa terreno fertile per sospetti, tensioni, interpretazioni distorte. Nicastri, raccontano le carte, sembra vivere tutto come una minaccia diretta alla sua idea di futuro: Veronese come ostacolo, Veronese come rivale, Veronese come presenza da controllare. Ed è lì che la storia cambia pelle.

Michele Nicastri e Marco Veronese

Perché — lo dice Valentina e lo conferma l’ordinanza della gip Beatrice Bonisoli — la richiesta di pedinare Marco arriva da lei. Non una volta, non per un episodio specifico: più volte, tra agosto e settembre. «Ho chiesto a Michele di seguire Marco per verificare se avesse i seggiolini per i bambini», racconta ai pm Giovanni Bombardieri e Mario Bendoni. Succede a metà agosto, quando Veronese comunica che porterà i figli ad Alassio. Succede di nuovo il 4 settembre, quando deve andare all’asilo. Succede ancora, pochi giorni dopo, per controllare se stesse davvero ristrutturando casa.

Le richieste sono continue, pressanti. E Nicastri le esegue con una solerzia che, riletta oggi, non è più preoccupazione familiare ma l’anticamera di una deriva ossessiva. Pedinamenti, appostamenti, fotografie cercate per “beccare Marco con qualche cattiva frequentazione”, utili — secondo l’idea di Valentina — a dimostrare che non fosse adatto a tenere i bambini. Una rete di controllo che cresce nell’ombra, mentre nessuno dei protagonisti, a partire dalla vittima, viene messo al corrente di ciò che accade.

Nell’ordinanza, la gip parla di «elevata pericolosità sociale» e sottolinea come Nicastri abbia deciso di risolvere «in prima persona» un problema che non gli apparteneva, facendo detonare un conflitto familiare che la giustizia stava ancora trattando. Ed è significativo un dettaglio: nel giugno 2025, quindi mesi prima del delitto, l’ingegnere acquista un alloggio in corso Turati. È lì che, dopo l’omicidio, incontra nuovamente Valentina, ufficialmente per «un appuntamento con i tecnici dei termosifoni». Un ultimo tassello in un puzzle che si ricompone solo ora.

La notte del 23 ottobre è il punto di non ritorno. Le 24 coltellate, la fuga, l’arresto, la confessione (“non volevo ucciderlo”, dice). Ma i pm guardano indietro: ai pedinamenti, alle ansie, alla proposta di matrimonio rifiutata, alla percezione — forse del tutto interiore — che quel “no” e quei problemi con Veronese potessero far saltare un futuro che Nicastri aveva già immaginato. Le carte raccontano una spirale in cui sentimenti, paure e competizioni genitoriali diventano miccia. E il prezzo lo paga un uomo che non sapeva di essere osservato, valutato, seguito.

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