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Cronaca
13 Novembre 2025 - 09:55
Orrore a Muggia: bambino di nove anni sgozzato dalla madre
Non c’è un perché che basti quando un bambino di nove anni viene trovato senza vita nel bagno di casa, con la gola recisa.
A Muggia, nel cuore del centro storico, mercoledì sera si è consumato un omicidio che la comunità definisce già una ferita collettiva: a uccidere il piccolo sarebbe stata la madre, una 55enne di origine ucraina, da tempo seguita dai servizi sociali e dal Centro di salute mentale. Una storia nota agli operatori, ai vicini, persino al parroco. Nota, ma non fino a immaginare l’esito più irreparabile.
A dare l’allarme è stato il padre del bambino, che non vive in Friuli Venezia Giulia. Non riusciva a contattare la donna da ore. Quando vigili del fuoco e carabinieri hanno forzato la porta, il bambino era morto da tempo. Il suo corpo era riverso in bagno. La madre, invece, immobile e in stato confusionale, con una ferita superficiale al collo: un taglio che gli investigatori ritengono un tentativo di autolesionismo. Accanto a lei, il presunto strumento dell’omicidio: un coltello da cucina di grandi dimensioni.

La donna era separata dal marito, un cittadino italiano. Il tribunale aveva disposto che il bambino, affidato al padre, potesse comunque incontrare la madre secondo modalità vigilate e programmate. Una decisione maturata nell’ambito di un percorso familiare complesso, in cui il disagio della donna era noto ma considerato gestibile. «Era una situazione difficile, ma non un dramma», ha dichiarato il sindaco Paolo Polidori, che ora annuncia il lutto cittadino. Parole che suonano come un’ammissione amara: monitorare non sempre significa prevenire.
Il piccolo frequentava il quarto anno della scuola elementare slovena di Muggia. Una comunità scolastica che ora si ritrova travolta da una tragedia che non era nemmeno sfiorata nei corridoi, nelle riunioni, nelle confidenze tra genitori. L’intero paese è sotto shock: «La comunità è devastata», ha ribadito il sindaco, dopo aver incontrato i servizi sociali. Non è solo dolore. È incredulità. È la domanda che rimbalza tra le vie del porto e che nessuno riesce a formulare ad alta voce: come si arriva fin qui, pur essendo tutti informati un po’, ma forse mai abbastanza?
E così Muggia, città di confine e di passaggi, si ritrova oggi a fare i conti con una tragedia domestica che diventa tragedia pubblica. Una storia che non chiede retorica, ma responsabilità. E un pensiero che torna sempre al bambino, all’unico, inaccettabile punto fermo di questa vicenda: quel taglio alla gola, quello che nessuno ha potuto fermare.
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