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Cronaca
31 Ottobre 2025 - 09:07
 
												Cinque colpi nel bosco, arrestato a Venaria l’uomo accusato di aver ucciso il senzatetto polacco
Dopo nove mesi di indagini silenziose e pazienti, i Carabinieri del Comando Provinciale di Torino, coordinati dalla Procura della Repubblica di Ivrea, hanno chiuso il cerchio sull’omicidio di Marcin Wojciechowski, il senzatetto polacco ucciso il 19 gennaio 2024 in un’area boschiva ai margini della linea ferroviaria Torino-Ceres. A finire in manette è un uomo di 63 anni di Venaria Reale, ora gravemente indiziato di omicidio volontario.
L’arresto è scattato nella notte del 28 ottobre, quando i militari del Nucleo Investigativo di Torino e della Compagnia di Venaria hanno eseguito un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dall’Autorità Giudiziaria. Dopo l’interrogatorio di garanzia, il GIP del Tribunale di Torino ha disposto la custodia cautelare in carcere. L’uomo è stato trasferito alla casa circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, tutto sarebbe avvenuto per caso, in una mattina d’inverno come tante. Il 63enne, in possesso di una pistola regolarmente denunciata, stava portando a passeggio il suo cane lungo i sentieri che costeggiano la ferrovia, un’area isolata che molti residenti di Venaria conoscono ma evitano. È lì che avrebbe incontrato Marcin, 45 anni, senza fissa dimora di origine polacca, che viveva da tempo in un rifugio di fortuna costruito tra gli alberi.
Un incontro fortuito, uno scambio di parole, forse una discussione accesa. Poi, improvvisamente, la tragedia. I rilievi tecnici hanno accertato che l’uomo avrebbe sparato almeno cinque colpi con la sua arma, colpendo mortalmente Wojciechowski. I soccorritori intervenuti quel giorno non poterono far altro che constatare la morte del senzatetto, trovato riverso nel fango accanto ai binari.
Per mesi il caso è rimasto avvolto nel mistero. L’assenza di testimoni diretti e il contesto isolato della scena del crimine avevano reso l’indagine particolarmente complessa. Gli investigatori dell’Arma hanno però ricostruito ogni dettaglio grazie a un lavoro minuzioso: analisi di telecamere di videosorveglianza, intercettazioni ambientali e testimonianze raccolte tra i residenti. Un incastro di indizi che ha portato i Carabinieri a identificare il 63enne come l’uomo che quella mattina si trovava in zona, armato e con il suo cane.
Il sospettato non ha tentato la fuga e si sarebbe mostrato collaborativo al momento del fermo, ma non avrebbe fornito – almeno per ora – una versione chiara di quanto accaduto. Gli inquirenti stanno ancora verificando se l’uomo abbia sparato in preda al panico o se ci sia stato un movente più profondo dietro la lite improvvisa. Le prime ipotesi escludono un’aggressione premeditata: tutto sarebbe nato da una discussione degenerata rapidamente, forse per un malinteso, forse per la paura.

Marcin Wojciechowski era conosciuto nella zona: un volto familiare per chi frequenta le aree ferroviarie o le associazioni di volontariato che si occupano dei senzatetto. Viveva ai margini della città, ma non aveva mai dato fastidio a nessuno. Dormiva in una baracca di legno e lamiera, con pochi oggetti personali e una vecchia bicicletta. Aveva scelto la solitudine, ma era descritto come un uomo mite, rispettoso, riconoscente verso chi gli offriva un pasto o un aiuto. La sua morte, a gennaio, aveva scosso profondamente la comunità.
Ora, a distanza di nove mesi, l’indagine trova una svolta. Ma restano ancora zone d’ombra. Gli investigatori dovranno accertare la dinamica precisa dello scontro, i tempi, la distanza dei colpi e il comportamento di entrambi i protagonisti. Gli accertamenti balistici e le analisi residue sull’arma, già sequestrata, saranno fondamentali per stabilire la responsabilità penale effettiva del 63enne.
La Procura di Ivrea, che fin dall’inizio ha coordinato le indagini, ha espresso soddisfazione per il lavoro dell’Arma, sottolineando come il caso Wojciechowski rappresenti “un esempio di indagine complessa condotta con rigore e professionalità”. Nonostante la delicatezza del contesto e l’assenza di un movente apparente, l’attività tecnica ha permesso di superare le contraddizioni e di arrivare a un nome, a un volto e a un’arma compatibile con la scena del crimine.
Nella ricostruzione fornita dai Carabinieri, i due uomini non si conoscevano. Nessun legame, nessun passato comune. Solo un incontro casuale che si è trasformato in tragedia. Una sequenza breve e fatale, avvenuta in pochi minuti: il cane che abbaia, le parole gridate, la pistola estratta, i colpi. Poi il silenzio.
Per la comunità di Venaria Reale, la notizia dell’arresto chiude un capitolo di angoscia ma ne apre un altro, più amaro. In molti si chiedono come sia stato possibile che una discussione fra sconosciuti sia sfociata in una tale violenza. E c’è chi, tra i volontari che conoscevano Marcin, parla di “una morte assurda, che poteva e doveva essere evitata”.
Il 63enne, che fino a oggi non aveva precedenti gravi, dovrà ora affrontare un processo per omicidio volontario. La sua posizione resta pesante: i gravi indizi di colpevolezza raccolti a suo carico, uniti alla pericolosità del gesto, hanno convinto il giudice a disporre la detenzione in carcere.
Nelle prossime settimane il sostituto procuratore titolare del fascicolo potrà chiedere la convalida del fermo e l’apertura del dibattimento. In quella sede l’uomo potrà raccontare la propria versione dei fatti, forse per la prima volta dall’arresto.
Intanto, tra gli alberi che costeggiano la ferrovia Torino-Ceres, il rifugio di Marcin è ancora lì, abbandonato. Qualcuno ha lasciato una candela e un mazzo di fiori. Un segno discreto, ma potente, che dice più di mille parole: la memoria di un uomo che non aveva niente, e che è morto per una lite di troppo, non si cancella così facilmente.
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