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Cronaca

Morì schiacciato da un albero a Pino Torinese: “Si poteva evitare”

Il pm Gambardella: “Pericolo ignorato nonostante le segnalazioni”. A processo i responsabili Anas, assoluzione per le proprietarie del terreno

Morì schiacciato da un albero

Morì schiacciato da un albero a Pino Torinese: “Si poteva evitare”

Era il 7 agosto 2022. Un violento temporale si era abbattuto sulle colline torinesi, con raffiche di vento e pioggia intensa che avevano reso la viabilità difficile e pericolosa. In quei minuti, lungo la vecchia strada di Pino Torinese, un pioppo di grandi dimensioni si schiantò improvvisamente sulla Fiat Tipo guidata da Enzo Cauda, 56 anni, tassista torinese. L’impatto fu devastante: l’auto venne ridotta a un cumulo di lamiere e l’uomo morì sul colpo.

A tre anni da quella tragedia, il pubblico ministero Patrizia Gambardella ha chiesto tre condanne per omicidio stradale in cooperazione colposa. Nello specifico, un anno e quattro mesi per il capo cantoniere e il capo nucleo di Anas, cui spettava la sorveglianza di quel tratto di statale, e due anni per il capo del centro di manutenzione. Chiesto invece il proscioglimento per le proprietarie del terreno dove sorgeva l’albero, poiché, secondo l’accusa, la responsabilità principale ricade sugli addetti alla manutenzione e alla vigilanza stradale.

La requisitoria, seguita dal Corriere della Sera, ha ricostruito nel dettaglio la catena di omissioni che avrebbe preceduto la morte del tassista. “Lungo la statale si registravano ovunque alberi a rischio cedimento e c’erano già stati plurimi crolli. C’era una situazione di pericolo che imponeva particolare attenzione, ma l’obbligo di intervento fu ignorato”, ha dichiarato la pm Gambardella.

Il magistrato ha parlato di un “insieme di concause naturali e umane” che resero inevitabile la tragedia, tutte legate a “condotte omissive degli imputati”. Già nei mesi precedenti l’incidente, infatti, vi erano state numerose segnalazioni. Il 1° settembre 2021, un albero era caduto su un’abitazione e il capo nucleo Anas aveva scritto a una ditta di manutenzione segnalando la “necessità di abbattere le alberature pericolanti”. Il 22 settembre, il capo cantoniere aveva segnalato la presenza di “quattro alberi secchi da tagliare con urgenza vista la vicinanza alla carreggiata”, mentre a ottobre aveva avvertito anche un tecnico del Comune, parlando esplicitamente di “pericolo per la circolazione”.

Nonostante gli allarmi, nessun intervento concreto fu disposto. E quando, un anno dopo, il pioppo cedette sotto la forza del vento, la tragedia si compì.

Il fitopatologo Paolo Gonthier, perito nominato dalla Procura, nel corso dei sopralluoghi individuò 68 alberi disseccati ancora in piedi lungo il medesimo tratto di strada. Il dato, presentato in aula, rafforza la tesi dell’accusa secondo cui le condizioni della vegetazione erano note e ignorate.

La requisitoria ha richiamato anche l’ordinanza del 19 agosto 2022, emessa dal Comune di Pino Torinese, con la quale furono abbattuti 99 alberi poco distanti da quello che aveva provocato l’incidente. Segno, per la Procura, che il rischio era conosciuto e riconosciuto dagli enti competenti.

Secondo i consulenti tecnici, il pioppo appariva sano alla vista ma era in realtà “gravemente compromesso”, con un apparato radicale deteriorato e indebolito da malattie e instabilità del terreno. L’albero, insomma, era una trappola silenziosa che attendeva solo la forza del vento per trasformarsi in arma.

Nel processo, i familiari di Enzo Cauda si sono costituiti parte civile. L’avvocato della famiglia ha ricordato come il tassista fosse un lavoratore instancabile, padre e marito, che quella mattina stava terminando il turno dopo una notte di lavoro. «La sua morte – ha detto il legale – non è stata una fatalità, ma la conseguenza di un abbandono prolungato e di una catena di negligenze».

Le difese, dal canto loro, hanno sostenuto che non sia mai stata chiarita con precisione la proprietà effettiva del terreno su cui si trovava il pioppo, e che quindi il perimetro delle responsabilità rimane incerto. Tuttavia, per la pm Gambardella, il nodo centrale non cambia: “chi aveva l’obbligo di garantire la sicurezza della strada ha scelto di non intervenire, e questo è bastato per trasformare un rischio prevedibile in un evento mortale”.

La sentenza è attesa nelle prossime settimane. Ma la vicenda, al di là del profilo giudiziario, riaccende il tema della sicurezza stradale e della manutenzione del patrimonio arboreo lungo le arterie extraurbane, spesso affidata a controlli sporadici e risorse ridotte.

Per Enzo Cauda, tassista esperto e stimato, quella mattina di agosto fu l’ultimo viaggio. Per la giustizia, ora, è il momento di stabilire se la sua morte fu davvero inevitabile o il risultato di un sistema che da troppo tempo preferisce attendere invece di prevenire.

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