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Cronaca

Condannato a otto anni l’uomo che violentò la badante dei genitori nel Cuneese

Abusi per mesi mentre l’uomo era ai domiciliari: minacce, ricatti e un contesto descritto dal legale come “di bruttura e squallore”

Condannato a otto anni l’uomo che violentò la badante dei genitori nel Cuneese

Condannato a otto anni l’uomo che violentò la badante dei genitori nel Cuneese (immagine di repertorio)

Una storia di violenza e sopraffazione, consumata tra le mura di un’abitazione di Alba, si è chiusa ieri con una condanna a otto anni di reclusione per Joseph Borgogno, 44 anni, già noto alle forze dell’ordine e con precedenti per reati sessuali. L’uomo, secondo quanto ricostruito dal Tribunale di Asti, avrebbe abusato per mesi della badante dei genitori, una donna quarantenne che assisteva la coppia di anziani nella loro abitazione, approfittando della sua condizione di precarietà economica e della paura di perdere il lavoro.

I fatti risalgono al periodo in cui Borgogno si trovava agli arresti domiciliari per un’altra condanna. Proprio in quel contesto, secondo le testimonianze raccolte in aula, avrebbe instaurato un rapporto di dominio nei confronti della donna, che inizialmente aveva intrattenuto con lui una relazione sentimentale. Quando lei aveva deciso di interromperla, le avances si erano trasformate in abusi, minacce e violenze.

La vittima — una lavoratrice con figli, separata ma ancora convivente con il marito — ha trovato la forza di denunciare grazie al sostegno dell’associazione “Mai più sole”, che si è costituita parte civile nel processo. L’organizzazione ha accompagnato la donna nel percorso di denuncia e tutela legale.

Durante il procedimento, il tribunale ha disposto una provvisionale di 25 mila euro a favore della vittima e mille euro all’associazione che l’ha sostenuta. Nelle motivazioni della sentenza, i giudici hanno riconosciuto la “gravità e la continuità delle condotte”, aggravate dal fatto che l’imputato fosse già sottoposto a misura restrittiva al momento dei fatti.

L’avvocata Silvia Calzolaro, legale della parte civile, ha commentato duramente la vicenda: «Emergono la bruttura e lo squallore anche del contesto in cui la violenza veniva perpetrata. Non avrei voluto farlo, questo processo, perché non avrei voluto conoscere una donna così costretta a subire prima di poter dire no».

Nel corso del dibattimento, Borgogno ha negato ogni accusa, sostenendo che la loro fosse una relazione consensuale “costellata di regali e attenzioni”, e ha definito la precedente condanna per violenza sessuale un “gioco erotico fra adulti consenzienti”. Ha inoltre dichiarato di aver partecipato a corsi anti-violenza durante la detenzione. Le sue parole, però, non hanno convinto la Corte, che ha confermato la piena responsabilità dell’imputato.

Il processo, iniziato mesi fa tra forti tensioni in aula, ha messo in luce non solo la brutalità dell’abuso, ma anche il silenzio e la solitudine in cui la donna aveva vissuto per lungo tempo. Costretta a tacere per paura di perdere il lavoro e subire ritorsioni, aveva trovato il coraggio di denunciare solo dopo aver ricevuto aiuto da conoscenti e associazioni del territorio.

Secondo la ricostruzione dell’accusa, l’imputato avrebbe anche minacciato di uccidere il marito e i figli della badante, un ricatto psicologico che ha contribuito a prolungare le violenze. Gli inquirenti hanno documentato messaggi, testimonianze e riscontri oggettivi che hanno rafforzato l’impianto accusatorio.

Il caso riporta al centro dell’attenzione il tema della vulnerabilità delle lavoratrici domestiche e delle badanti, spesso straniere, che vivono e lavorano in contesti isolati e senza protezioni reali. Una condizione che, come ha sottolineato la parte civile, “rende queste donne esposte a un rischio elevatissimo di sfruttamento e abusi”.

Per Borgogno, che resta in carcere, si tratta della seconda condanna per violenza sessuale. La sentenza non è ancora definitiva e potrà essere impugnata, ma segna un punto fermo nella lunga vicenda di soprusi e paura denunciata dalla vittima.

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