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Cronaca
27 Ottobre 2025 - 12:04
Potrà tenere un lettore CD in cella. Non per una questione di privilegio, ma per una questione di legittimità procedurale. È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione accogliendo il ricorso presentato da Francesco Guttadauro, nipote del boss di Cosa nostra Matteo Messina Denaro, detenuto nel carcere di Novara sotto il regime del 41 bis.
Il caso nasce da una richiesta apparentemente banale: Guttadauro, attraverso la sua legale Maria Teresa Pintus, aveva chiesto di poter tenere con sé un lettore CD e alcuni supporti musicali per l’ascolto in cella. Una domanda che il Tribunale di Sorveglianza di Torino aveva però respinto, dichiarando “inammissibile” il reclamo del detenuto.
L’avvocata ha allora portato la questione davanti alla Cassazione, che nei giorni scorsi ha dato ragione al detenuto — non sul merito della richiesta (cioè il diritto di ascoltare musica al 41 bis), ma sulla forma del provvedimento.
Secondo gli ermellini, infatti, il presidente del tribunale di sorveglianza non ha competenza per dichiarare inammissibile un reclamo: quella decisione spetta invece al collegio giudicante. «Il presidente del tribunale di sorveglianza — scrive la Cassazione — non ha alcuna attribuzione per l’apprezzamento di eventuali cause di inammissibilità».
Il provvedimento del tribunale torinese è stato quindi annullato senza rinvio, con trasmissione degli atti all’organo collegiale competente. In sostanza, la Suprema Corte ha stabilito che la procedura seguita dal tribunale era viziata e che il reclamo di Guttadauro dovrà essere riesaminato.

La decisione non implica automaticamente che il detenuto possa tenere il lettore CD, ma apre la strada a una nuova valutazione della richiesta secondo le regole corrette.
Francesco Guttadauro, classe 1980, è il figlio di Rosalia Messina Denaro, sorella del boss mafioso morto nel 2023 dopo una lunga latitanza. Considerato per anni uno dei suoi riferimenti di fiducia nel mandamento di Castelvetrano, è stato condannato per associazione mafiosa e si trova al carcere di massima sicurezza di Novara, sottoposto al carcere duro previsto dall’articolo 41 bis.
Il regime del 41 bis, introdotto per impedire ai boss di mantenere contatti con l’esterno, limita fortemente le libertà individuali dei detenuti: corrispondenza controllata, colloqui ridotti, isolamento e accesso ristretto a beni personali. Tuttavia, alcune sentenze negli ultimi anni hanno ribadito che anche i detenuti in questo regime mantengono diritti fondamentali e che le restrizioni devono essere proporzionate e motivate.
La decisione della Cassazione si inserisce proprio in questo solco. Non è un’apertura verso un allentamento del 41 bis, ma un richiamo alla correttezza formale delle procedure: ogni limitazione deve essere disposta nel rispetto delle competenze previste dalla legge.
Il caso di Guttadauro, reso noto dal quotidiano la Repubblica, ha riacceso il dibattito sui confini del carcere duro, tra chi teme che ogni deroga possa indebolirne l’efficacia e chi sottolinea che la legalità deve valere anche dietro le sbarre.
Per ora, la decisione non cambia la vita quotidiana del detenuto, ma riporta la questione al Tribunale di Torino, che dovrà pronunciarsi di nuovo. Nel frattempo, resta aperta la domanda — più giuridica che morale — su quanto spazio ci sia per la musica dentro una cella del 41 bis.
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