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Cronaca

L'ultimo saluto a Francesco, 24 anni: l'abbraccio di un paese ferito

A Montanaro, una chiesa gremita e un dolore condiviso per il 24enne morto in un incidente stradale

Montanaro saluta Francesco

Montanaro saluta Francesco, 24 anni: l'abbraccio di un paese ferito

Un silenzio denso, pieno di commozione, ha attraversato Montanaro nel pomeriggio di giovedì 23 ottobre 2025. La comunità si è riunita nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta per dare l’ultimo saluto a Francesco Migliore, 24 anni, il giovane morto tragicamente in un incidente stradale la scorsa settimana. Le campane hanno suonato piano, e dentro la chiesa non c’era spazio per le parole: solo sguardi bassi, lacrime, e una presenza collettiva che raccontava più di qualsiasi discorso.

La chiesa era gremita, con centinaia di persone strette attorno alla bara chiara, quasi a volerla proteggere. C’erano i familiari, gli amici di sempre, i colleghi, gli insegnanti, e tanti semplici cittadini che avevano incrociato Francesco nel quotidiano: un sorriso al bar, una battuta per strada, una mano tesa. In quell’abbraccio diffuso si è riconosciuto il volto di un paese che, nel dolore, trova ancora la forza di stringersi e sostenersi.

La cerimonia, semplice ma intensa, ha messo in luce la delicatezza di una comunità che sa rispettare il lutto. Nessuna retorica, nessun clamore. Solo la compostezza di chi sceglie il silenzio come linguaggio del rispetto. L’altare era ornato di fiori bianchi, simbolo di purezza e di quella giovinezza interrotta troppo presto.

Vicino al feretro, la famiglia Migliore: la madre Silvana, il padre Mario, il fratello Alessandro e la nonna Maria. Attorno a loro, un cordone umano fatto di vicinanza e discrezione. Ogni gesto, ogni carezza, era una parola non detta. Da giorni il paese vive accanto a loro, cercando di alleviare un dolore che non si può misurare ma che, condiviso, pesa un po’ meno.

Di Francesco restano ricordi limpidi: la generosità, la disponibilità verso gli altri, la gioia semplice che portava nei luoghi in cui passava. Lo descrivono come “un ragazzo buono”, sempre pronto ad aiutare, ad ascoltare, a far sorridere. Le sue passioni, i suoi sogni, le giornate spese tra lavoro, amici e famiglia: un tempo pieno che si è spezzato all’improvviso, lasciando dietro di sé un vuoto che è insieme personale e collettivo.

Fuori dalla chiesa, nel parco della stazione, gli amici hanno appeso striscioni e messaggi colorati: parole d’affetto, foto, dediche scritte a mano. Alcuni hanno lasciato fiori, altri piccole luci. Sono gesti spontanei, nati dal bisogno di dire ancora qualcosa, di non lasciare andare del tutto chi se ne va. Piccoli altari di carta che raccontano l’amicizia e la giovinezza, quella che ora si fa memoria e promessa di continuare a vivere nel ricordo.

Nelle ultime ore, la famiglia ha ricevuto decine di messaggi di sostegno: lettere, chat, abbracci, voci che si fanno catena. Non sono solo parole di conforto, ma anche il segno tangibile di quanto Francesco fosse amato e presente nella vita di molti. Montanaro, paese di poche migliaia di abitanti, ha mostrato ancora una volta la sua capacità di reagire unita, di farsi comunità nel momento più duro.

L’eco di questa tragedia ha superato i confini del lutto privato. La morte improvvisa di un ragazzo così giovane scuote, interroga, obbliga a riflettere. Non solo sul destino, ma anche sulla necessità di prendersi cura gli uni degli altri, di non dare per scontata la presenza di chi ci è accanto. In un tempo in cui tutto corre veloce, la storia di Francesco riporta al centro l’importanza delle relazioni, dell’ascolto, della presenza.

Ogni paese conosce, prima o poi, un momento come questo: quello in cui una perdita diventa anche occasione di consapevolezza collettiva. A Montanaro, il dolore si è trasformato in un invito silenzioso a coltivare la gentilezza e a non lasciare soli i più fragili. Perché è così che la memoria di Francesco continuerà a vivere: nei gesti quotidiani, nelle attenzioni semplici, nel coraggio di guardarsi e riconoscersi parte di una stessa storia.

Mentre la bara lasciava la chiesa e il sole scendeva lento dietro i tetti del paese, il silenzio tornava a farsi denso. Un silenzio che non è solo tristezza, ma riconoscimento. Il riconoscimento di una vita breve ma piena, e del segno profondo che ha lasciato.

In un giorno così, Montanaro ha dimostrato che la forza di una comunità non sta solo nella festa, ma soprattutto nella capacità di condividere il dolore. E che dietro ogni giovane che se ne va troppo presto resta una lezione: vivere con intensità, amarsi di più, ricordare sempre.

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