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23 Ottobre 2025 - 10:59
Il sindaco Matteo Chiantore
"Adesso lo abbattiamo. Lo abbatteremo… Lo abbattiamo quest'inverno... Lo abbattiamo in primavera... Lo abbattiamo quest’estate…". L’abbattimento dell’ex istituto tecnico commerciale Giovanni Cena di via Varmondo Arborio a Ivrea, negli anni è diventato una sorta di tormentone, ripetuto con una disinvoltura quasi liturgica da assessori, sindaci, Fondazioni, dirigenti e comunicatori vari. Un mantra burocratico che si è rincorso tra i corridoi del Palazzo civico e le pagine dei giornali locali, tra una delibera, un rinvio, una bonifica, una scoperta archeologica, una nuova stima dei costi. Ma stavolta – sembrerebbe – ci siamo per davvero. L’abbattimento non è più solo nelle intenzioni o nei rendering: ha un nome, una ditta esecutrice, un ribasso d’asta, una determina firmata. Insomma, ha tutto ciò che serve per passare dalle parole ai fatti.
Fiato alle trombe, rullo di tamburi: il cantiere è partito e, da qualche settimana, gli operai sono sul posto per svuotare l'edificio, togliere i serramenti e tirare via impianti elettrici, idrici e di riscaldamento. La demolizione che ipoteticamente prenderà il via alla fine dell’anno sarà compiuta prevalentemente con mezzi meccanici, tranne che per le zone più delicate – quelle adiacenti al museo e alla biblioteca – dove si procederà con tecniche manuali, per evitare danni strutturali. Verrà inoltre abbattuta la struttura a scarpa in cemento armato su piazza Fillak, un mostro architettonico degli anni Ottanta costruito per consolidare un edificio ormai senza futuro.
L’amministrazione comunale ha deciso di far filmare tutto (costo di 6.950 euro) al videomaker Igor Nicola così da lasciare ai posteri un ricordo dell'evento.
L'appalto per la “demolizione e smaltimento materiali dell’ex Istituto Tecnico Commerciale G. Cena, previa bonifica e smontaggio impianti” se lo è aggiudicato Daf Costruzioni Stradali srl di Milano con un ribasso del 18,72% sull’importo base, pari a 807.783,73 euro.
L’affidamento è avvenuto a luglio secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, come previsto dall’articolo 108 del nuovo Codice dei contratti pubblici.
Insomma, si stappino bottiglie di spumante di quello buono.
Insomma, il Comune – dopo vent’anni di proclami – ha finalmente firmato le carte che contano, individuando l’impresa che avrà il compito di radere al suolo quello che un tempo fu un luogo di formazione e che da oltre trent’anni è solo un relitto urbano, chiuso per inagibilità già nel 1988.
Da allora, tutto è cambiato tranne l’edificio. È cambiato il modo di pensare le città, sono cambiati i sindaci, si è evoluta persino la concezione di biblioteca, ma il Cena è rimasto lì, imperturbabile, incastrato tra la Biblioteca Civica e il Museo Pier Alessandro Garda, in via Varmondo Arborio.
La demolizione – secondo il cronopogramma – si concluderà nell’arco di 253 giorni naturali consecutivi e i ritardi nella partenza sono da imputare allo spostamento dell’antenna telefonica che svettava sul tetto dell’edificio, trasferita sul vicino Teatro Giacosa. Un passaggio apparentemente banale, che ha però richiesto il nulla osta della Soprintendenza e dell’Arpa, come a ricordarci che a Ivrea anche i segnali telefonici devono aspettare la burocrazia prima di cambiare aria.
Il risultato? Un’area ridisegnata, con nuovi spazi verdi e parcheggi, e – si spera – una maggiore armonia urbanisticacon tutto quel che c'è nel centro cittadino.
Per arrivare fin qui, la strada è stata lunga e piena di ostacoli. L’intervento di demolizione era previsto già nel 2023, ma venne sospeso dall’amministrazione guidata da Matteo Chiantore a causa dell’impennata dei costi. La revisione dei prezzari da parte della Regione Piemonte e l’incremento delle spese per lo smaltimento dei rifiuti avevano fatto lievitare il preventivo iniziale da 900 mila euro a 1,5 milioni. Un aumento del 66%, che aveva bloccato l’intera operazione. Solo grazie a un intervento straordinario sui fondi comunali – con l’impiego di 600 mila euro dall’avanzo di amministrazione – si è riusciti a sbloccare l’impasse e pubblicare finalmente il nuovo bando.
Per la cronaca, la demolizione è da considerarsi solo il primo tassello di un progetto ben più ampio, quello dell’Hub Guelpa Centre – Polo Culturale, il sogno urbanistico che Ivrea accarezza da due decenni e che dovrebbe regalare alla città una biblioteca moderna, aperta, accessibile, progettata secondo standard contemporanei. Un’infrastruttura che non sia solo un deposito di libri, ma uno spazio civico, crocevia di giovani e meno giovani.
La Fondazione Guelpa ha già messo sul piatto 5 milioni di euro, vincolati proprio alla realizzazione del nuovo polo culturale. Una prima tranche di 1,7 milioni è stata usata per l’adeguamento dell’impianto antincendio della vecchia biblioteca, per la progettazione di fattibilità della nuova sede e, appunto, per l’abbattimento dell’ex Cena. L'intervento è dunque finanziato interamente con risorse della Fondazione, come specificato nella determina.
Nel frattempo, il Cena non è più quello che fu. Da anni non ospita più studenti né professori. Ha visto passare intorno a sé decine di iniziative, eventi, promesse, senza mai cambiare volto. Fino a poco tempo fa conteneva persino materiali di deposito del Comune e del Museo Garda, accumulati nel corso di vent’anni. Solo nel 2024 si è proceduto a una bonifica parziale, compresa quella dell’amianto.
Insomma, dopo anni di annunci, e rinvii, e rimodulazioni, e articoli intitolati “parte il cantiere”, forse davvero stavolta il cantiere è partito. E magari tra due o tre estati, ci ritroveremo nello stesso luogo, ma con tutt’altro scenario: non più un ex istituto chiuso da trent’anni, ma un’architettura viva, pulsante, frequentata da studenti, lettori, turisti, cittadini. Un polo culturale nel senso vero del termine. Purché, naturalmente, tutto vada secondo i piani.
Ai tempi del sindaco Stefano Sertoli si parlava di Fondazione Guelpa, di ex Istituto Cena, di soldi, di lasciti e della buonanima, un giorno sì e l’altro pure. Poi è arrivato il centrosinistra di Matteo Chiantore ed è cambiato tutto. Quelli che parlavano (Massimo Fresc dei cinquestelle e Francesco Comotto di Viviamo Ivrea) sono diventati assessori e non parlano più. Quelli seduti tra i banchi dell’Opposizione, che definire gentleman è dire poco, non ne parlavano prima, figuriamoci se cominciano a parlarne adesso.
Fortuna vuole che, proprio quando il silenzio sembrava destinato a sommergerci tutti, all’albo pretorio è comparsa una delibera che aveva per oggetto l'assegnazione dei lavori di abbattimento. L'intervento - come tutti sanno - rientra nel più ampio progetto di costruzione dell'Hub "Guelpa Centre", cioè il fantomatico polo culturale.
Il testo della delibera di giunta richiama una serie di atti precedenti, tra cui una prima delibera del 2022 (n. 380), che ha stabilito l'impossibilità di recuperare l'edificio dismesso dal 1998 a causa della mancanza di requisiti igienico-sanitari e di sicurezza. Poi la delibera n. 316 del settembre del 2023, attraverso cui il Comune approva in linea tecnica il progetto definitivo di demolizione, collegandolo a un finanziamento regionale che, pero, porca miseria, Ivrea non è riuscita ad aggiudicarsi.
L’ultima volta che dell'ex Istituto Cena se n’è parlato seriemente è stato in campagna elettorale, quando sembrava che questo, insieme al tunnel ferroviario, fosse uno dei problemi principali da risolvere. Si sa solo oggi come s'è risolto il primo e sappiamo anche come s'è risolto il secondo: non facendo nulla...
Ancora rimbombano nel cervello, correva il maggio del 2023, le discussioni infinite sul progetto "Campus Groma" per il nuovo Polo Culturale, o cittadella che dir si voglia, presentato alla chetichella durante una riunione alla presenza del presidente della Fondazione Guelpa Bartolomeo Corsini e dell’architetto Patrizia Bonifazio.
Un lavoro di un centinaio di pagine, realizzato da alcuni studenti (Vesna, Luca, Luis, Morena, Davide e Eugenia) insieme a tutor e docenti dell’Alta Scuola Politecnica, che avrebbe dovuto comprendere e unire la nuova biblioteca al Museo Garda.
In sintesi, cinque ragazzi erano venuti alcune volte in città, avevano organizzato due passeggiate, avevano fatto circolare un questionario a cui avevano risposto circa 500 cittadini, e infine avevano messo tutto nero su bianco.
Quasi in contemporanea l’ufficio tecnico aveva dato il via libera al trasloco dei materiali immagazzinati nell’ex Istituto Cena, all’ex sala lettura sopra la biblioteca, nell'ex centro cottura di via San Nazario, dove sono stati anche ricollocati i 2.300 reperti del Museo etnografico del Canavese. Finito il trasloco, erano cominciati i lavori di rimozione dell’amianto, ma dell’abbattimento vero e proprio non se n’era più saputo nulla.
Nel 2021, la Fondazione Guelpa aveva deliberato di concedere al Comune fino a 5 milioni di euro per la nuova biblioteca.
Ad oggi, secondo il bilancio consuntivo 2024, la Fondazione ha ancora la possibilità di destinare fino a 3.356.187,58 euro al Comune di Ivrea, come parte di quel contributo deliberato.
Un’eventuale erogazione di questa somma ridurrebbe tuttavia il patrimonio netto dell’Ente, oggi pari a circa 5.086.000 euro, erodendo ulteriormente le sue riserve.
Sembrano tanti soldi, ma non basteranno certo per costruire una nuova biblioteca.
E diciamolo pure: questo già si sapeva.
In più occasioni si era ipotizzato di andare a caccia di contributi esterni, magari attingendo ai fondi del PNRRrimasti inutilizzati.
Tutto bene, se ci fosse — e non c’è — un progetto di fattibilità tecnico-economica della nuova biblioteca.
Quel che c’è, invece, è solo un incarico alla Fondazione per l’Architettura di Torino per redigere un bando.
Insomma: tempi lunghi, anzi lunghissimi per la nuova biblioteca.
E non finisce qui.
Collegata all’ex Cena e alla biblioteca c’è, ovviamente, la Fondazione Guelpa.
Nel 2014, il patrimonio di 7,2 milioni di euro produceva rendite per circa 700 mila euro l’anno, più che sufficienti per sostenere le attività culturali cittadine: 150 mila euro alle associazioni, altrettanti al Museo Garda, e il resto accantonato nel fondo patrimoniale.
Oggi, invece, leggendo il bilancio 2024, si scopre che i proventi finanziari effettivi ammontano a 74.156,83 euro, mentre i costi di gestione e consulenze raggiungono 69.439,05 euro.
Risultato: un avanzo netto di appena 4.717,78 euro.
Una cifra simbolica, che dice tutto: le rendite si sono ridotte a tal punto da coprire appena i costi di funzionamento.
Il problema è che, tra prelievi, spese e rendimenti ormai minimi, il patrimonio si sta erodendo anno dopo anno, e prima o poi ci si ritroverà senza risorse, come le cicale della favola.
Una prospettiva tutt’altro che rassicurante, soprattutto pensando alla volontà di chi quei soldi li aveva lasciati, la compianta Lucia Guelpa.
Per capire come si sia arrivati a questo punto bisogna tornare indietro, alle gestioni precedenti, segnate da investimenti prudenti ma poco produttivi.
C’era chi sosteneva — in primis l’attuale assessore Francesco Comotto, allora seduto tra i banchi dell’opposizione — che la Fondazione non dovesse mettere a rischio il capitale.
E così, per prudenza, si è deciso di non muovere più un euro.
Insomma, si era deciso di non gestire il patrimonio da un punto di vista finanziario, e sembra quasi inutile chiedersi cosa stiano facendo oggi i membri del consiglio di amministrazione, Daniela Broglio, Giancarlo Guarin, Giacomo Bottino e Sabrina Gonzatto. Di certo, non essendo loro degli esperti in finanza, si staranno occupando poco dei soldi e, quasi nulla però, anche della nuova biblioteca indicata nel testamento della "buonanima".
La domus era dotata di un vano con pavimento sorretto da pilastrini per il riscaldamento ad aria calda, mentre un secondo ambiente aveva pareti dipinte con uno zoccolo in finto marmo e sottili riquadrature di colore rosso scuro.
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