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Cronaca
17 Ottobre 2025 - 09:17
Attentato al giornalista Sigfrido Ranucci: esplosione nella notte distrugge l'auto del conduttore di Report
Una deflagrazione nella notte, un boato ha squarciato il silenzio di Campo Ascolano, alle porte di Roma. L'auto di Sigfrido Ranucci, giornalista e conduttore di Report, e quella della figlia sono state completamente distrutte da un ordigno esplosivo piazzato sotto la vettura del cronista, che da anni vive sotto scorta per le minacce ricevute a causa del suo lavoro.
L’esplosione è avvenuta intorno alle 22 di martedì 14 ottobre, davanti all’abitazione del giornalista. La potenza dell’ordigno, secondo le prime stime, equivarrebbe ad almeno un chilo di esplosivo. Le fiamme hanno avvolto in pochi istanti le due auto e danneggiato la palazzina adiacente. Fortunatamente non ci sono stati feriti, ma il bilancio avrebbe potuto essere drammatico.
L’ordigno sarebbe stato piazzato sotto la parte anteriore della vettura di Ranucci, presumibilmente con l’intento di provocare un’esplosione a tempo. Sul posto sono intervenuti i carabinieri, la Digos, i vigili del fuoco e la polizia scientifica, che hanno messo in sicurezza l’area e avviato i rilievi. L’inchiesta è ora affidata alla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, coordinata dal procuratore aggiunto Ilaria Calò e dal pm Carlo Villani, che procede per danneggiamento aggravato dal metodo mafioso.
La zona in cui è avvenuto l’attentato non è coperta da telecamere, circostanza che renderà più complesse le indagini per risalire ai responsabili. Gli investigatori stanno analizzando i frammenti raccolti sul posto e le testimonianze dei residenti, mentre si attendono le prime informative ufficiali delle forze dell’ordine.
Ranucci ha raccontato che l’auto era stata parcheggiata dal figlio a mezzogiorno e che in serata nessuno aveva notato movimenti sospetti.
La deflagrazione è stata così violenta da spaccare i vetri delle finestre di una casa vicina e da svegliare l’intero quartiere. Le fiamme hanno avvolto le auto in pochi secondi, lasciando solo lamiere contorte. Nel video diffuso da Report, la scena mostra l’auto di Ranucci ridotta a un ammasso di ferro annerito, con la parte anteriore completamente sventrata.
Il conduttore, volto storico della trasmissione di Rai 3, vive sotto scorta dal 2014, dopo aver ricevuto minacce di morte da ambienti mafiosi. Negli ultimi anni aveva denunciato anche episodi di pedinamento e ritrovamenti inquietanti, tra cui due proiettili P38 lasciati davanti alla sua abitazione.
Il gesto, di una gravità inaudita, colpisce non solo una persona, ma l’intero mondo dell’informazione. Un attentato contro chi fa giornalismo d’inchiesta è un messaggio di intimidazione che travalica il singolo bersaglio e investe la libertà di stampa.
In un Paese dove il mestiere di giornalista è sempre più esposto a pressioni politiche, attacchi mediatici e campagne di delegittimazione, l’episodio di Campo Ascolano suona come un campanello d’allarme. L’uso di un ordigno esplosivo contro un cronista della Rai segna un salto di qualità nella minaccia, evocando scenari che l’Italia sperava di essersi lasciata alle spalle.
L’attentato a Sigfrido Ranucci non è solo un fatto di cronaca: è un segnale politico e culturale. Colpire un giornalista che indaga significa tentare di spegnere una voce scomoda, di scoraggiare chi ancora crede che raccontare i fatti sia un atto di servizio pubblico e non un rischio personale.
Il giornalismo d’inchiesta, in Italia, è un presidio fragile ma vitale di democrazia. È quello che scava, che non si accontenta della superficie, che sfida poteri e silenzi. È il tipo di giornalismo che, più di ogni altro, ha pagato un prezzo alto: dalle minacce ai processi, fino agli attentati. E oggi, in una Rai sempre più condizionata dal potere politico, la figura di Ranucci rappresenta un baluardo raro di indipendenza editoriale.
La sua trasmissione, Report, è da anni un punto di riferimento per chi ancora pretende che la televisione pubblica informi, e non intrattenga soltanto. Ogni puntata è una sfida: alle pressioni, alle querele temerarie, ai tentativi di censura più o meno velati. Ed è per questo che l’attacco di ieri notte non può essere letto come un gesto isolato.
Oggi più che mai, in un’epoca in cui la libertà di stampa si restringe e la propaganda avanza travestita da informazione, difendere il giornalismo d’inchiesta significa difendere la verità. Significa ricordare che il diritto di sapere non è un privilegio, ma un pilastro della democrazia.
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