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Cronaca

Ergastolo per il delitto di Biella: due uomini condannati per l’omicidio del senzatetto Giovanni Santus, torturato e bruciato

La Corte d’Assise di Novara infligge il carcere a vita a Basso e Ascoli. Pene minori per gli altri due imputati accusati di omissione di soccorso e vilipendio di cadavere

Ergastolo per il delitto di Biella: due uomini condannati per l’omicidio del senzatetto Giovanni Santus, torturato e poi bruciato nel 2023

Ergastolo per il delitto di Biella: due uomini condannati per l’omicidio del senzatetto Giovanni Santus, torturato e poi bruciato nel 2023 (immagine di repertorio)

Una bottiglia di gin, un pranzo degenerato in violenza, una morte orribile nascosta dietro la menzogna di un incidente domestico. È la storia di Giovanni Santus, il senzatetto ucciso a Biella nel luglio del 2023, e oggi trova la sua conclusione in tribunale. La Corte d’Assise di Novara ha condannato all’ergastolo Andrea Basso e Lionel Ascoli, ritenuti responsabili di omicidio volontario aggravato, per la morte dell’uomo, ritrovato senza vita in un alloggio del rione Chiavazza.

Per gli altri due imputati, Silvio Iarussi e Luciana Mula, le pene sono state invece rispettivamente di due anni e sei mesi e due anni e due mesi di reclusione, per omissione di soccorso e vilipendio di cadavere. Nessuno di loro, secondo la ricostruzione giudiziaria, avrebbe tentato di fermare la furia omicida né di allertare i soccorsi.

La vicenda aveva sin da subito sconvolto la comunità biellese. Secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dalla Procura e poi confermato in aula, la prima versione fornita dagli imputati era un racconto costruito per depistare gli inquirenti. Avevano detto di aver ospitato Santus “per una doccia”, e che l’uomo, scivolando nel bagno, si fosse procurato ustioni mortali. Ma l’autopsia, disposta dal pubblico ministero, aveva smontato quella ricostruzione, rivelando una verità agghiacciante. Le cause della morte non erano affatto compatibili con una caduta accidentale: il corpo presentava lo sfondamento della cassa toracica e lacerazioni al fegato e alla tiroide, segni inequivocabili di una violenza brutale.

Giovanni Santus

Secondo la ricostruzione dell’accusa, durante un pranzo tra conoscenti, Santus avrebbe bevuto una bottiglia di gin senza condividerla con gli altri presenti. Quel gesto, apparentemente banale, avrebbe scatenato l’ira cieca di Basso e Ascoli, che – sotto l’effetto combinato di eroina e Rivotril – lo avrebbero aggredito selvaggiamente. Lo colpirono con pugni e calci, arrivando perfino a saltargli sul torace in due diversi momenti, fino a provocarne la morte.

In casa, oltre agli aggressori, c’erano anche Iarussi, proprietario dell’alloggio, e Mula, che però – pur assistendo alla scena – non fecero nulla per fermare la violenza né per soccorrere la vittima agonizzante. Al contrario, secondo quanto accertato, i quattro tentarono di cancellare ogni traccia del delitto, bruciando il corpo di Santus per nascondere le ferite e simulare le ustioni di un incidente. Poi ripulirono l’appartamento, elimando i vestiti insanguinati e concordando una versione fittizia da raccontare ai soccorritori.

Quando arrivò il personale del 118, trovarono i quattro che inscenavano un massaggio cardiaco sul corpo ormai privo di vita. Ma la finzione durò poco: i medici si resero conto che qualcosa non tornava e diedero l’allarme. Da lì partì un’indagine serrata, che nel giro di poche settimane portò all’arresto dei quattro, poi rinviati a giudizio per omicidio aggravato, omissione di soccorso e vilipendio di cadavere.

Durante il processo, aperto alla Corte d’Assise di Novara, il quadro probatorio si è rivelato schiacciante: tracce di sangue compatibili con la vittima, referti medici che confermavano lesioni da impatto, e testimonianze incrociate che hanno ricostruito l’escalation di violenza culminata nella morte del senzatetto. La sentenza, arrivata oggi, ha riconosciuto pienamente la responsabilità dei due principali imputati, condannandoli all’ergastolo.

Un delitto nato da un gesto futile, esploso in un contesto di marginalità, droga e degrado, ma che la giustizia ha riportato alla sua crudezza più reale: un uomo indifeso ucciso per rabbia e crudeltà. Per la città di Biella, dove Santus era conosciuto e aiutato da alcuni volontari, la vicenda resta una ferita aperta.

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