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Cronaca

Montascale rotto, disabile “prigioniero” per settimane: “Abbiamo dovuto pagare per riaverlo”

Il danno è stato attribuito all'utente per il non corretto utilizzo del dispositivo. Uno scherzetto da 500 euro

Immagine di repertorio

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Per oltre un mese è rimasto chiuso in casa, prigioniero delle sue stesse pareti. Un uomo di Ciriè, gravemente invalido e costretto alla dialisi domiciliare, ha potuto tornare a muoversi solo dopo aver pagato di tasca propria più di 500 euro per riparare il montascale che gli consente di uscire dalla sua abitazione. Un apparecchio fornito dall’Asl, teoricamente gratuito, ma che in questo caso è diventato un incubo fatto di ritardi, incomprensioni e spese impreviste.

Il dispositivo, indispensabile per la vita quotidiana dell’uomo, si è guastato nel pieno dell’estate. La ditta incaricata dalla sanità pubblica lo ha ritirato per la riparazione, assicurando che sarebbe stato riconsegnato nel minor tempo possibile. La famiglia, che già in passato aveva vissuto mesi di isolamento a causa di un problema simile, ha atteso con pazienza. Dopo quattro settimane il montascale è tornato, ma insieme all’apparecchio è arrivata anche la fattura.

Alla moglie del paziente è stato spiegato che la riparazione non rientrava nella copertura prevista dall’Asl, poiché la ditta aveva riscontrato un danneggiamento non attribuibile all’usura o al malfunzionamento tecnico, ma a un presunto uso scorretto del dispositivo. Una spiegazione che la famiglia non ha mai condiviso e sulla quale attende ancora chiarimenti. Intanto, per evitare di restare nuovamente senza l’ausilio, ha deciso di pagare.

Il caso non è isolato, e mette in luce una realtà che molti utenti fragili del territorio conoscono bene: quella dei ritardi, dei guasti e dei rimpalli di responsabilità che spesso accompagnano la gestione dei montascale e degli ausili sanitari domiciliari. Negli ultimi anni, più volte, i pazienti del distretto di Ciriè e delle Valli di Lanzo hanno denunciato attese lunghissime per le riparazioni, mancata consegna dei dispositivi sostitutivi o disguidi nella comunicazione tra Asl e ditta fornitrice.

Già lo scorso anno, lo stesso invalido ciriacese era finito al centro di un caso analogo. Dopo la rottura del montascale, era rimasto per mesi senza poter uscire di casa, obbligando i sanitari a raggiungerlo per le dialisi. Allora, dopo la denuncia pubblica, l’Asl To4 aveva riconosciuto i disservizi e promesso una gestione più efficiente. Ma il nuovo guasto, e la richiesta di pagamento, mostrano come il problema resti tutt’altro che risolto.

Il nodo, spiega chi lavora nel settore, è spesso normativo e procedurale. Gli ausili come i montascale rientrano nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e sono forniti in comodato d’uso gratuito, ma la manutenzione straordinaria e i danni ritenuti “non dovuti all’usura” vengono in parte scaricati sull’utente. Una zona grigia che genera casi come quello del ciriacese, dove a decidere se un guasto sia coperto o meno è la ditta stessa, con valutazioni che non sempre trovano concordi le famiglie.

Contattata dal nostro giornale, la direzione del distretto sanitario di Ciriè-Lanzo ha confermato che il dispositivo è stato recentemente sostituito con uno nuovo. La ditta, precisano dagli uffici, ha riparato parte del guasto in garanzia, ma ha ritenuto che un’altra parte fosse dovuta a un uso non corretto del dispositivo, escludendo così la copertura totale.

Dalla direzione ricordano inoltre che, al momento della consegna, i tecnici formano il caregiver di riferimento per l’utilizzo corretto dell’apparecchio, proprio per prevenire eventuali danneggiamenti. La normativa, spiegano, prevede che gli interventi non rientranti nella manutenzione ordinaria siano a carico dell’utente, secondo le regole stabilite dall’Assistenza integrativa protesica, il settore di riferimento per questo tipo di dispositivi.

Una posizione che lascia aperte molte domande. Chi tutela l’utente quando la valutazione di “uso improprio” diventa arbitraria? Chi vigila sulla qualità delle forniture e sui tempi di intervento delle ditte incaricate? E soprattutto, chi si assume la responsabilità di evitare che un malato grave, dipendente da un ausilio essenziale, si ritrovi di nuovo sequestrato in casa per un mese, o costretto a pagare per tornare a vivere una vita minima di autonomia?

In attesa di risposte, resta l’immagine di un uomo fragile e di una famiglia esasperata, schiacciata tra la burocrazia e il diritto alla mobilità, tra l’assistenza promessa e quella reale. Perché un montascale, quando si rompe, non interrompe solo un servizio tecnico: spezza il filo sottile che lega una persona alla sua libertà.

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