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01 Ottobre 2025 - 23:36
L'assessore regionale Federico Riboldi
Eccoli, i paladini della sanità 4.0. Federico Riboldi, assessore alla Sanità, e Adriano Leli, direttore di Azienda Zero, annunciano con toni da Silicon Valley il nuovo Centro Unico di Prenotazione. Una piattaforma, ci dicono, da 7,2 milioni di euro che rivoluzionerà la vita dei cittadini. Basta code, basta attese infinite, basta sentirsi rispondere al telefono “non c’è posto prima di sei mesi”. Adesso, grazie a un click, entreremo nel paradiso dell’efficienza sanitaria. O almeno così recita la favola.
Già il titolo del comunicato sembra uscito da un manuale di marketing: “Stiamo dotando il Piemonte di uno strumento all’altezza delle esigenze dei cittadini”. E qui la prima risata scappa da sola: perché le esigenze dei cittadini, finora, erano quelle di sopravvivere al telefono con la musichetta in sottofondo, nell’attesa infinita di parlare con un operatore che poi ti rimandava a un altro numero. Ma adesso, con il nuovo sistema, sarà tutto diverso. Certo, come no: a parole lo è sempre.
La piattaforma promette meraviglie: intelligenza artificiale che smista i pazienti come se fossero pacchi Amazon, interfacce “universali” accessibili anche ai nonni e – ciliegina sulla torta – la presa in carico integrata. In pratica, non sarai più tu a richiamare: sarà il sistema a richiamarti. Già li vediamo i cittadini piemontesi rispondere al telefono increduli: “Pronto, è il CUP? Ma davvero mi state richiamando voi?”. Un sogno. Un po’ come vincere alla lotteria.
Il linguaggio è lo stesso di sempre: “infrastruttura digitale”, “funzionalità evolute”, “modello di manutenzione continua”. Parole roboanti per dire che forse, con un po’ di fortuna, riuscirai a prenotare una visita senza aspettare un anno. Intanto, però, i 7,2 milioni di euro se ne vanno nelle casse di un colosso della sanità digitale, GPI S.p.A., che certo non lavora per beneficenza. E i cittadini? Loro resteranno a testare sulla propria pelle se la magia del nuovo CUP funziona davvero o se sarà l’ennesima vetrina patinata buona solo per i comunicati stampa.
Il paradosso è sempre lo stesso: si spendono milioni per “ottimizzare le agende”, mentre negli ospedali mancano medici, infermieri e soprattutto posti disponibili. Perché puoi avere anche la piattaforma più tecnologica del mondo, ma se la risonanza magnetica si fa solo il giovedì mattina e c’è un tecnico solo, l’attesa resterà di mesi. Solo che adesso l’attesa la potrai monitorare in tempo reale sul tuo smartphone. Che progresso.
E i numeri parlano chiaro. In Piemonte, secondo i dati ufficiali, i tempi di attesa per 42 prestazioni non urgenti oscillano in media sui 37 giorni, praticamente identici ai 38 del 2018. Una rivoluzione, insomma, da batticuore. Per un’ecografia del capo e del collo in certe ASL si superano tranquillamente i 60 giorni, mentre per alcune TAC i tempi dipendono più dalla fortuna che dalla priorità clinica. A Ivrea, a Ciriè o a Torino Nord capita spesso che per una visita oculistica la prenotazione arrivi dopo mesi, quando magari nel frattempo il problema agli occhi si è già aggravato. E lo chiamano servizio.
Il piano regionale ha persino dovuto inventarsi le prestazioni extra-orario, con visite di sera e nei weekend: più di 100.000 in pochi mesi, sbandierate come successo epocale. In realtà, sono solo una toppa per reggere un sistema al collasso. Una sorta di dopolavoro sanitario, con medici e tecnici che allungano i turni pur di smaltire le code. Altro che programmazione: è la logica dell’emergenza permanente.
Riboldi, con la solita sicurezza, promette che il nuovo sistema ridurrà i tempi d’attesa. Una frase che ormai è diventata un tormentone politico, ripetuta a ogni riforma e puntualmente smentita dai dati ufficiali. Ma tranquilli: questa volta c’è l’intelligenza artificiale. E chissà, magari l’algoritmo saprà fare miracoli dove la politica non è riuscita. Peccato che i cittadini non abbiano bisogno di algoritmi, ma di posti letto, specialisti e apparecchiature che funzionino.
Insomma, più che un salto tecnologico, sembra l’ennesima illusione venduta a caro prezzo. Un’operazione d’immagine in perfetto stile piemontese: conferenze stampa, dichiarazioni solenni, promesse di efficienza. E poi, alla prova dei fatti, cittadini che continueranno a girare tra sportelli, call center e schermate che lampeggiano “nessuna disponibilità”. Ma almeno potranno dire che l’interfaccia è moderna e accessibile. La sanità del futuro, insomma: stessa attesa, ma con grafica migliorata.
In Piemonte hanno partorito l’ennesima meraviglia: il nuovo Centro Unico di Prenotazione. Una piattaforma digitale da sette milioni e rotti che, ci dicono, cambierà la vita dei cittadini. Intelligenza artificiale, accessibilità universale, persino la presa in carico integrata. Il cittadino non dovrà più richiamare: sarà il sistema a richiamare lui. Certo, come le promesse di ridurre i tempi d’attesa: ci richiamano sempre.
Intanto, nella realtà, per una risonanza magnetica si aspetta due mesi, per un’ecografia al collo sessanta giorni, per una visita oculistica l’anno prossimo. Ma tranquilli, adesso l’attesa la si potrà seguire in tempo reale dal telefonino. Un po’ come seguire il conto alla rovescia per Capodanno: cambia il calendario, ma non la vita.
È questa la rivoluzione digitale: restare in lista d’attesa, ma con l’interfaccia user friendly. La sanità 4.0: stessi ritardi, ma finalmente con grafica aggiornata.
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