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Cronaca
03 Ottobre 2025 - 12:15
Cellulari sequestrati nel carcere: il SAPPE denuncia 5.000 telefoni scoperti in tre anni
Ancora una volta un carcere piemontese finisce sotto i riflettori per la scoperta di telefonini nascosti nelle celle. A Vercelli, nel corso di una perquisizione ordinaria, la Polizia penitenziaria ha sequestrato due dispositivi rinvenuti in altrettanti reparti occupati da detenuti stranieri. Un episodio che potrebbe sembrare marginale, ma che si inserisce in una realtà ben più vasta: il traffico di cellulari all’interno delle prigioni italiane, un fenomeno che negli ultimi anni ha assunto dimensioni preoccupanti.
Secondo i dati diffusi dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE), solo nel triennio 2022-2024 sono stati sottratti ai detenuti circa 5.000 telefoni cellulari (4.931 per la precisione). Numeri che raccontano meglio di qualsiasi denuncia la capacità dei reclusi — con la complicità di canali esterni o di stratagemmi sempre più ingegnosi — di aggirare i controlli e introdurre apparecchi che diventano strumenti per mantenere contatti con l’esterno, pianificare attività illegali o gestire traffici che proseguono anche dietro le sbarre.
Il segretario piemontese del SAPPE, Vicente Santilli, ha sottolineato come il risultato ottenuto a Vercelli sia il frutto dell’impegno costante della Polizia penitenziaria, “sempre in prima linea a tutelare la legalità” nonostante la cronica carenza di personale e di mezzi. Ma è il segretario nazionale, Donato Capece, a lanciare l’allarme più forte: “Non possiamo più permetterci che episodi di questo tipo diventino la norma. La sicurezza degli operatori, dei detenuti e dell’intera comunità è a rischio”.
Il sindacato chiede misure straordinarie e immediate: tra le proposte più urgenti quella di schermare i penitenziari, così da impedire le comunicazioni telefoniche dall’interno, e dotare i reparti della Polizia penitenziaria di sistemi tecnologici avanzati contro i sorvoli dei droni, sempre più usati per introdurre cellulari e droga oltre le mura.
Il caso di Vercelli, in questo senso, è solo l’ennesimo tassello di un mosaico nazionale che si compone ogni giorno di nuovi sequestri. Il dato reale non riguarda soltanto i due dispositivi rinvenuti, ma l’impressione diffusa che la tecnologia stia erodendo la funzione stessa della detenzione, trasformando le celle in uffici operativi da cui continuare a gestire affari e contatti.
La denuncia del SAPPE è chiara: senza strumenti adeguati e senza investimenti strutturali, la Polizia penitenziaria è costretta a combattere a mani nude una battaglia asimmetrica. La scoperta dei due telefoni a Vercelli è una vittoria parziale, ma non basta a spegnere l’allarme. Se quasi cinquemila dispositivi sono stati sequestrati in tre anni, il problema non è episodico: è sistemico.
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