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Sette grattacieli in fiamme a Hong Kong, corsa disperata nelle torri mentre un vigile del fuoco muore tra le macerie incandescenti (VIDEO)

l rogo divora il complesso Wang Fuk Court: anziani e bambini intrappolati, impalcature di bambù trasformate in un’autostrada di fuoco

Il pomeriggio del 26 novembre 2025 Hong Kong ha smesso di respirare. In pochi minuti, dal distretto di Tai Po si è alzata una colonna di fumo visibile da chilometri, mentre un incendio fuori scala divorava fino a sette grattacieli del complesso residenziale Wang Fuk Court. Una scena che ha stravolto la città: finestre incandescenti come stelle ritardate, aria satura di fuliggine e il rumore sordo delle impalcature di bambù che crollavano, trasformate in torce verticali. È stato definito il peggior incendio degli ultimi decenni, un evento estremo che ha lasciato dietro di sé almeno 13 morti, decine di feriti e un numero imprecisato di persone intrappolate ai piani alti.

Il bilancio umano, ancora in evoluzione, parla di almeno 13 vittime e tra 15 e 28 feriti, con pazienti in condizioni critiche e la certezza dolorosa della morte di un vigile del fuoco. Le prime ore dell’emergenza hanno registrato racconti discordanti tra autorità e media locali, mentre si cercava di capire quanti residenti — tra cui otto anziani e due bambini — fossero rimasti bloccati negli appartamenti saturi di fumo. Il rogo ha coinvolto fino a sette torri su otto, lasciandone una sola temporaneamente sotto controllo. Gli edifici avvolti dalle fiamme sono apparsi come un’unica struttura in combustione, collegata dalle impalcature esterne che hanno agito come conduttori termici.

Gli sfollati sono centinaia. Decine di squadre dei vigili del fuoco, ambulanze e unità speciali hanno lavorato per ore, mentre la città veniva paralizzata da chiusure stradali e deviazioni dei mezzi pubblici. Fra chi scappa e chi resta intrappolato, emergono storie che danno corpo alla tragedia: famiglie isolate, anziani impossibilitati a muoversi, bambini che aspettano con gli asciugamani bagnati sotto le porte per tenere lontano il fumo. Le associazioni locali parlano anche di oltre 100 animali domestici bloccati nelle abitazioni, un ulteriore elemento di sofferenza in una notte che si è trasformata in lunga, interminabile prova di resistenza.

Il complesso Wang Fuk Court, popolato da più di 4.600 residenti e articolato in circa 2.000 appartamenti, è uno dei simboli dell’edilizia ad alta densità di Hong Kong. È qui che si è attivata la catena di eventi: condizioni di vento sfavorevoli, estese reti verdi da cantiere e le tradizionali impalcature di bambù che rivestivano le facciate per lavori in corso. I primi accertamenti indicano proprio le impalcature come il “ponte” che ha consentito al fuoco di passare da una torre all’altra, superando i sistemi di compartimentazione interni e rendendo quasi impossibile fermare la propagazione.

Le immagini circolate sui media mostrano il ruolo decisivo delle facciate: il fuoco ha “corso” all’esterno con velocità impressionante, creando colonne di fiamme che hanno raggiunto piani diversi in pochi minuti. Un fenomeno noto ma spesso ignorato nella pianificazione dei cantieri verticali, aggravato dall’uso di materiali sintetici e reti che, una volta innescate, diventano veri e propri condotti di propagazione. Gli operatori antincendio hanno lavorato con autoscale, getti ad alta portata e penetrazioni con autorespiratori, cercando di avanzare tra bambù incandescente e pezzi di rete fusa che cadevano dai piani alti.

Tra le vittime figura un pompiere di circa 37-38 anni, del Fire Services Department di Hong Kong, caduto durante una delle operazioni più rischiose. Il suo nome, riportato dai media locali, ha aperto un momento di silenzio durante la conferenza stampa di aggiornamento, diventando simbolo del prezzo pagato dai soccorritori in un contesto estremamente ostile. La morte di un professionista esperto trasforma una tragedia civile in una ferita istituzionale profonda.

Tai Po è un’area dove densità urbana e aree verdi convivono in equilibrio precario. Nel caso di Wang Fuk Court, la presenza simultanea di lavori su otto torri ha creato un’enorme superficie di materiali temporanei, una pelle fragile che ha reagito in modo incontrollabile al primo innesco. È un tema che ora divide e interroga l’opinione pubblica: quanto è ancora sostenibile, in una megalopoli verticale, l’uso di bamboo scaffolding in condizioni meteorologiche mutate e con materiali moderni che, al contatto con il fuoco, diventano acceleranti?

Il nodo del tempo è stato decisivo. Nei roghi urbani di grande scala, i primi venti minuti determinano tutto. E qui la diffusione esterna, accelerata dal vento, ha compromesso la capacità dei sistemi interni di sicurezza di contenere l’incendio. Le strutture antincendio hanno retto solo parzialmente, mentre le reti fuse creavano nuovi punti di ignizione. La ricostruzione delle cause sarà lunga: gli investigatori lavorano su ipotesi che vanno dal cantiere alle condizioni meteorologiche, ma al momento nessuna causa ufficiale è stata confermata.

Il quadro che emerge dalle testimonianze raccolte dai media locali è fatto di urgenze, voci rotte e tentativi disperati. Una famiglia al 27° piano ha chiamato il 999 più volte: «Siamo in tre e non respiriamo». Una donna ha raccontato che il marito era rientrato un attimo per prendere i farmaci, senza riuscire più a uscire. Sono istanti che descrivono, meglio di qualsiasi dato, la vertigine di un disastro che si consuma in verticale.

Il presidente cinese Xi Jinping ha espresso cordoglio e chiesto “ogni sforzo” per limitare ulteriori perdite. A Hong Kong, l’Amministrazione ha annunciato verifiche sui cantieri e sugli standard dei materiali impiegati, mentre diverse iniziative pubbliche sono state annullate in segno di lutto. I deputati locali chiedono un rapporto dettagliato sui piani di emergenza per i complessi ad alta densità, una ferita istituzionale che si apre mentre i residenti cercano di capire se e quando potranno rientrare nelle loro case.

Nei centri di accoglienza, intanto, si prova a ricostruire le liste dei sopravvissuti. Nelle palestre e nelle sale di quartiere, la notte è un brusio continuo di nomi pronunciati, cancellati, riscritti. Una comunità intera cerca di capire cosa è rimasto, cosa è definitivamente perduto e quante verità emergeranno dalle indagini tecniche sul cantiere. Hong Kong, città di torri e prospettive verticali, deve ora affrontare l’incubo di una vulnerabilità strutturale che molti credevano sotto controllo.

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