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Cronaca
01 Ottobre 2025 - 19:01
Dà in escandescenza e spacca il naso a un medico in pronto soccorso. È successo martedì pomeriggio, 30 settembre, al pronto soccorso di Ciriè, dove un paziente ha trasformato un normale turno di lavoro in un incubo per medici e infermieri. Prima le urla e le minacce, poi la violenza fisica: il direttore della struttura aggredito, un medico colpito al volto con tale forza da riportare la frattura delle ossa nasali. Alla fine, l’intervento tempestivo delle forze dell’ordine ha posto fine all’escalation, con l’arresto dell’aggressore.
L’episodio, grave e traumatico, non è rimasto senza conseguenze immediate. L’ASL TO4 ha diffuso un comunicato ufficiale per prendere posizione. «Condanniamo con la massima fermezza e senza riserve ogni atto di violenza o intimidazione contro i nostri operatori, che quotidianamente svolgono il proprio dovere con dedizione. Esprimiamo la nostra totale solidarietà e vicinanza ai professionisti coinvolti nella vile aggressione di ieri pomeriggio, precisando che l’Azienda è pronta ad agire in ogni sede, anche giudiziale», ha dichiarato il direttore generale Luigi Vercellino.
Dalla direzione sono stati ricordati gli interventi già adottati per migliorare la sicurezza: la collocazione della vigilanza accanto al punto Triage, il potenziamento dei passaggi delle forze dell’ordine presso le strutture più critiche, il ricorso alla videosorveglianza. È in corso anche una gara d’appalto per introdurre guardie armate in tutti i pronto soccorso aziendali, con aggiudicazione prevista entro la fine dell’anno, come ulteriore strumento deterrente.
Ma la stessa azienda avverte che nessuna misura potrà mai eliminare del tutto il rischio di comportamenti violenti. «È chiaro che tutto ciò che si può mettere in atto per fronteggiare il problema della violenza nei confronti degli operatori non può evitare che si manifestino singoli comportamenti violenti, che ribadiamo non sono permessi né tollerati», si legge nella nota.
Se l’azienda mette in fila le azioni avviate, i sindacati raccontano invece la realtà quotidiana dei pronto soccorso. Il Nursind parla di un bilancio pesantissimo: «Questa volta sono sette gli operatori rimasti coinvolti tra medici, infermieri e personale sanitario. Qualcuno con importanti danni fisici e altri con prognosi di più giorni. Ci troviamo a denunciare l’ennesimo grave episodio a dimostrazione che ciò che è stato fatto non è ancora sufficiente».
Il direttore dell'Asl TO4 Luigi Vercellino
Per il sindacato il problema è complesso, ma ciò non può giustificare la lentezza delle istituzioni. «Il fatto che sia complesso non giustifica che non si debba affrontare con determinazione». A oggi, sottolinea il Nursind, non esiste una presenza continua di vigilanza armata, nonostante una delibera regionale lo preveda, né risultano attivi protocolli operativi con le forze dell’ordine.
La lista delle criticità è lunga. Il sindacato chiede misure strutturali e organizzative: sale d’attesa confortevoli, schermi informativi con tempi aggiornati in tempo reale, accoglienza adeguata per ridurre la tensione. Ma soprattutto, più personale. La cronica carenza di organico costringe medici e infermieri a correre da un’urgenza all’altra, senza tempo per spiegare con chiarezza ai pazienti modalità, rischi e tempi delle prestazioni. «Colmare le carenze permetterebbe di avere più tempo per fornire ai pazienti informazioni chiare e ridurre incomprensioni che spesso degenerano in aggressioni», sostiene il Nursind.
C’è poi un aspetto normativo. Il sindacato auspica che Regione e aziende applichino rapidamente le novità del nuovo contratto: patrocinio gratuito per i lavoratori aggrediti, supporto psicologico e la possibilità di costituirsi parte civile nei processi. Perché la violenza non lascia solo ferite fisiche: mina la motivazione e il senso di sicurezza di chi lavora in prima linea.
Il caso di Ciriè non è un fulmine a ciel sereno. All’interno della stessa ASL TO4 gli episodi si ripetono. A Ivrea, nei mesi scorsi, un’infermiera è finita al pronto soccorso con dieci giorni di prognosi dopo l’aggressione da parte di un parente di un paziente. A Chivasso, già nel 2023, un doppio attacco a due operatori aveva acceso l’allarme, portando a un appello per presidi fissi delle forze dell’ordine nei pronto soccorso. E a Ciriè stesso, negli ultimi anni, episodi di violenza minore ma non meno significativi avevano già fatto capire che la tensione poteva esplodere da un momento all’altro.
Questi fatti compongono una fotografia nitida: la violenza in corsia non è più un evento sporadico, ma un fenomeno strutturale. Una miscela esplosiva di lunghe attese, disagio sociale, precarietà economica e carenze organizzative trova sfogo contro chi indossa il camice. Non importa se l’infermiera o il medico aggrediti non hanno colpe sulle liste d’attesa o sulla scarsità di risorse: sono il volto immediato del sistema sanitario e, quindi, il bersaglio.
L’ASL TO4 insiste: non tutto può essere prevenuto, ma vigilanza, telecamere e collaborazione con le forze dell’ordine rappresentano tasselli indispensabili. Il Nursind rilancia: serve una strategia globale, che affronti non solo la sicurezza fisica ma anche quella organizzativa e psicologica.
Il bilancio del 30 settembre resta pesante: un medico ferito al volto, sette operatori coinvolti, un paziente arrestato e un intero ospedale scosso. Ma la vera ferita è un’altra: la percezione, sempre più diffusa, che chi lavora in pronto soccorso lo faccia senza garanzie reali di protezione. La domanda che resta aperta è se questa aggressione sarà l’ennesimo campanello d’allarme destinato a spegnersi nel giro di pochi giorni o se, finalmente, diventerà il punto di svolta per una sanità che chiede non solo risorse, ma anche sicurezza.
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