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Giudiziaria
24 Settembre 2025 - 18:25
Carlo Demartini
La notizia è arrivata questa mattina: assoluzione piena, con la formula “perché il fatto non sussiste”. Dopo due anni di attesa, il nome di Carlo Demartini, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Banca di Asti, esce pulito dal processo che lo vedeva imputato di false comunicazioni sociali, un’accusa pesante che in primo grado gli era costata una condanna a due anni e otto mesi di reclusione con rito abbreviato.
Il procedimento nasceva da due bilanci, quelli del 2015 e del 2016, nei quali secondo l’accusa sarebbero stati indicati come “crediti ancora esigibili” circa 30 milioni di euro di sofferenze, cioè prestiti che in realtà non avevano più alcuna possibilità di essere recuperati. In sostanza, i conti della banca avrebbero offerto un’immagine migliore della realtà, rafforzando così il valore del titolo azionario dell’istituto.
Insieme a Demartini erano finiti a processo anche Aldo Pia, storico presidente della banca, e la stessa Cassa di Risparmio di Asti S.p.A.. Ma già nel 2023 il giudice di primo grado, Federico Belli, aveva assolto sia Pia sia la società, ritenendo non sussistenti le accuse nei loro confronti. L’unico a pagare, allora, fu proprio il direttore generale, ritenuto responsabile di aver “addomesticato” i conti. La condanna in primo grado fece scalpore. A Vercelli, città di provenienza di Demartini, e ad Asti la notizia rimbalzò sulle prime pagine dei giornali locali. Il Partito Democratico chiese apertamente le dimissioni del manager, ritenendo incompatibile la sua permanenza al vertice della banca. Lo stesso Demartini, dopo la sentenza, mise il proprio mandato “a disposizione” del Consiglio di Amministrazione, autosospendendosi dalle deleghe operative. Ma il CdA scelse la linea della continuità: gli confermò la fiducia e lo lasciò al suo posto. Una scelta contestata, ma motivata con la volontà di garantire stabilità all’istituto in una fase delicata.
Nel frattempo, a rendere ancora più complesso lo scenario, arrivò l’ispezione di Banca d’Italia, che mise sotto la lente d’ingrandimento i bilanci della Banca di Asti. I rilievi portarono l’istituto a rivedere i conti semestrali, riducendo drasticamente l’utile previsto e aprendo la partita delle cosiddette “commissioni non dovute”: circa 10 milioni di euroche, secondo gli ispettori, sarebbero stati caricati ingiustamente ai correntisti e che la banca dovrà restituire. In quel contesto, il caso giudiziario divenne il simbolo di una crisi di fiducia che colpiva non solo la persona del direttore generale, ma l’intera credibilità della banca.
Oggi, la Corte d’Appello di Torino ha ribaltato tutto: per i giudici di secondo grado non c’è stato alcun falso nei bilanci e le accuse mosse a Demartini non hanno retto alla prova processuale. Da qui l’assoluzione con formula piena, la più netta. Una decisione che chiude, almeno per ora, una vicenda che aveva messo in discussione la credibilità dell’istituto e che aveva fatto vacillare la carriera del suo vertice. La parola “fine” a questa storia, però, potrebbe non essere definitiva: resta la possibilità di un ulteriore ricorso in Cassazione. Ma intanto, per Demartini, questa giornata segna una rivincita morale e professionale. Dopo anni passati con l’etichetta del “condannato in primo grado”, oggi può tornare a presentarsi come dirigente assolto.
Insomma, quello che era stato presentato come il “processo ai conti della Banca di Asti” si conclude con un nulla di fatto: il sospetto di bilanci truccati, l’ombra dei crediti deteriorati, le accuse di aver gonfiato i valori patrimoniali sono state spazzate via. Resta però l’eco di una stagione che ha messo a dura prova la fiducia dei clienti e dei cittadini in un istituto che da più di 170 anni è il cuore finanziario del territorio astigiano.
Nel merito, il team legale che ha assistito l’AD della Banca – costituito dal Prof. Avv. Maurizio Riverditi e dall’Avv. Guido Carlo Alleva - ha prodotto in corso di giudizio ponderosa documentazione al fine di evidenziare come Demartini non sia mai entrato nel merito della valutazione di singole posizioni a sofferenza, e che le interlocuzioni di volta in volta intrattenute con i dirigenti della Banca e con le strutture preposte sono state sempre funzionali solo a un’efficiente gestione delle esposizioni nell’interesse dell’istituto, e quindi indirettamente degli azionisti.
“Sono felice per l’esito di questa vicenda – ha dichiarato il diretto interessato – anche perché in nessun momento ho mai dubitato che la Giustizia, nella quale ho da sempre piena fiducia, avrebbe chiarito e fatto luce su quanto accaduto, avendo sempre lavorato con un unico obiettivo, il servizio alla Banca e - tramite essa - ai territori dove la Banca opera”.
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