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Cronaca
20 Settembre 2025 - 10:38
Irregolarità amministrative e accuse di molestie: ex direttore di scuola di specializzazione patteggia (foto di repertorio)
Una chat, una manciata di incontri e un bagno di un cinema: è da qui che, due anni fa a Torino, sarebbe nata la vicenda oggi al centro di un processo per violenza sessuale. L’aula è blindata, le porte chiuse per tutelare la giovane che all’epoca aveva 17 anni. Il dibattimento è appena iniziato e la città osserva in silenzio, mentre la giustizia prova a ricostruire, passo dopo passo, ciò che accadde.
Secondo l’impianto accusatorio, l’imputato — un giovane poco più che ventenne, originario del Congo — avrebbe conosciuto la ragazza in una chat online. Dopo alcuni messaggi e un’uscita in discoteca, i due si sarebbero rivisti in un cinema di Torino. Proprio lì, nel bagno, si sarebbe consumata la violenza. La giovane, successivamente, avrebbe interrotto ogni contatto con lui.
Le indagini sono state coordinate dalla sostituta procuratrice Livia Locci, che ha contestato all’uomo il reato di violenza sessuale. Il processo si svolge a porte chiuse, misura prevista per salvaguardare la dignità e la riservatezza della presunta vittima nelle fasi più delicate dell’istruttoria. La decisione finale spetterà al collegio composto dalle giudici Immacolata Iadeluca, Federica Florio e Milena Chiara Lombardo.
All’esterno dell’aula del palazzo di giustizia, alcuni familiari e diversi amici della giovane hanno atteso il loro turno per essere ascoltati dal giudice come testimoni. Sono deposizioni considerate potenzialmente rilevanti per delineare il contesto relazionale, le dinamiche dei contatti precedenti e successivi ai fatti, e per vagliare la coerenza dei racconti.
Per ora i legali dell’imputato preferiscono non rilasciare dichiarazioni. Una scelta frequente nelle prime battute del dibattimento, quando la linea difensiva si costruisce sull’analisi degli atti, sull’esame incrociato dei testimoni e sull’eventuale richiesta di approfondimenti istruttori.
La prossima udienza è fissata per metà ottobre. In quell’occasione potrebbero emergere ulteriori elementi utili alla ricostruzione dei fatti. Il percorso processuale resta nel solco delle garanzie: tutela della presunta vittima, diritto di difesa e, soprattutto, presunzione di innocenza dell’imputato fino a sentenza definitiva. In gioco non c’è solo l’accertamento di una responsabilità penale, ma anche la qualità dell’ascolto e la capacità delle istituzioni di offrire un processo equo e rispettoso.
Vicende come questa chiedono un racconto pubblico misurato: la cronaca ha il dovere di informare senza spettacolarizzare, ricordando che dietro i capi d’imputazione ci sono persone. Le aule chiuse non sono un mistero da sciogliere, ma un presidio a tutela di chi denuncia, affinché il racconto giudiziario possa farsi con rigore, e non a scapito della dignità.
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