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Cronaca

Busso fa causa al comune di Volpiano: l'ex vigile chiede giustizia dopo anni di accuse

La battaglia giudiziaria tra l’ex agente della Polizia Locale Paolo Busso e il Comune di Volpiano approda davanti al giudice del lavoro di Ivre

Giudice

Il braccio di ferro tra il Comune di Volpiano e l’ex agente della Polizia Locale Paolo Busso si sposta in aula. Dopo il licenziamento senza preavviso deciso lo scorso maggio dall’Ufficio procedimenti disciplinari, l’ex vigile ha scelto di non arrendersi: tramite i suoi legali ha impugnato il provvedimento e ha depositato un ricorso al Tribunale di Ivrea, dove l’udienza è già fissata per il 14 ottobre.

La Giunta guidata dal sindaco Giovanni Panichelli ha deliberato di difendere con fermezza la scelta di interrompere il rapporto di lavoro, ritenendo che le condotte attribuite all’ex agente abbiano compromesso in modo irreparabile il vincolo fiduciario. Per affrontare la causa, l’Amministrazione si affiderà a due legali torinesi, Giulio Calosso e Adelaide Piterà, figure che conoscono a fondo la vicenda: il primo già impegnato sul fronte penale, la seconda nel parallelo procedimento disciplinare interno. Le spese saranno coperte dal fondo comunale destinato alle cause legali, poco più di diecimila euro, e il provvedimento è stato dichiarato immediatamente eseguibile per predisporre senza ritardi le memorie difensive.

Il sindaco Giovanni Panichelli

Il nome di Busso era emerso nelle indagini con l’ipotesi di favoritismi a Giuseppe e Francesco Vazzana e con l’accusa di aver effettuato un accesso abusivo alla banca dati dell’anagrafe. Da quel momento la sua carriera ha preso una piega irreversibile: ferie forzate, sospensione di venti giorni senza stipendio nell’agosto 2021, reintegro temporaneo e poi un nuovo procedimento disciplinare all’indomani del rinvio a giudizio del maggio 2022, con la riduzione dello stipendio al 50%.

Sul fronte giudiziario, nel settembre 2023 il Tribunale di Ivrea lo condanna in primo grado a nove mesi per accesso abusivo e a tre mesi per abuso d’ufficio, limitatamente a tre episodi su sei. Ma la vicenda non si ferma qui: in appello, nell’ottobre 2024, l’accusa di abuso d’ufficio cade per effetto dell’abrogazione del reato, mentre l’accesso abusivo viene considerato di «particolare tenuità». L’ex agente viene comunque condannato a risarcire il Comune con 1.000 euro. Nell’aprile 2025, però, la Cassazione annulla la sentenza d’appello, accogliendo il ricorso del Procuratore generale e ordinando un nuovo processo di secondo grado.

Ora la questione è nelle mani del giudice del lavoro di Ivrea, che dovrà stabilire se il licenziamento senza preavviso fosse giustificato e proporzionato. In ballo non c’è solo il destino professionale di Busso – che chiede di essere reintegrato – ma anche il principio di autonomia tra procedimento penale e procedimento disciplinare: il primo ancora aperto e incerto, il secondo già tradottosi nella misura più drastica, la perdita del posto.

Il 14 ottobre, in aula, si confronteranno due tesi opposte: da una parte il Comune che rivendica la rottura irreversibile della fiducia, dall’altra l’ex vigile che denuncia un provvedimento eccessivo, maturato in un quadro giudiziario tutt’altro che definitivo.

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