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Cronaca

Horror in paese: chi c'è dietro la mucca tagliata a metà e il gattino lasciato senza zampe?

I carabinieri indagano su due macabre violenze agli animali che scuotono l'intera comunità

La carcassa della mucca e le zampette di gatto trovate a Verolengo

La carcassa della mucca e le zampette di gatto trovate a Verolengo

Verolengo non dorme sonni tranquilli. Due episodi, a distanza di pochi giorni, hanno colpito la comunità come un pugno nello stomaco, alimentando paure e sospetti.

Prima le due zampette di gattino lasciate davanti a una casa, tagliate con precisione chirurgica, senza traccia di sangue né del corpo dell’animale. Poi, lungo l’argine del Po, la scena agghiacciante di una mucca recisa a metà, abbandonata come un oggetto inutile. Due atti diversi, ma uniti da una stessa inquietante domanda: chi si cela dietro tanta crudeltà? Un “mostro” che si diverte a terrorizzare la comunità? O soltanto bravate malate, destinate a sfuggire di mano?

Le famiglie, i bambini, gli anziani, tutti a Verolengo hanno ormai un pensiero fisso. Non si parla praticamente d'altro. E i carabinieri della stazione locale, chiamati in causa due volte in meno di un mese, sanno bene che la partita non riguarda soltanto l’individuazione di un colpevole, ma la tenuta stessa della fiducia di una comunità.

La prima vicenda risale a venti giorni fa.

Una famiglia che da anni si occupa dei randagi del paese si è trovata, all’alba, due minuscole zampette di gattino mutilate davanti all’uscio di casa. “La sera prima non c’era nulla, al mattino quelle zampette erano lì, disposte con precisione inquietante”, raccontava la padrona di casa, ancora sotto shock. Nessuna traccia del corpo del micio, nessuna macchia di sangue, solo quel taglio netto che esclude incidenti o cause naturali. Un gesto pensato, deliberato. E indirizzato proprio a chi da anni si prende cura dei gatti randagi.

La denuncia ai carabinieri è scattata subito. Ma le indagini si sono scontrate con un primo ostacolo: l’assenza di telecamere nella zona. Così resta aperto il campo delle ipotesi. Potrebbe trattarsi di una macabra “prova di coraggio” tra ragazzi, magari da filmare e condividere sui social. Oppure di un vero e proprio atto intimidatorio, un messaggio diretto.

Non è un caso se l’Associazione Italiana Difesa Animali e Ambiente (AIDA) ha parlato senza mezzi termini di “atto avvenuto altrove e portato davanti a quell’abitazione come forma di intimidazione”.

L’AIDA non si è limitata a denunciare, ma ha messo sul piatto una ricompensa: 1.000 euro a chi fornirà elementi utili a identificare e condannare i responsabili. Una taglia che dimostra quanto l’episodio sia stato preso sul serio e che rappresenta, al tempo stesso, la misura della paura che circola in paese. Non è la prima volta che Verolengo affronta episodi simili: qualche anno fa qualcuno aveva avvelenato il cibo dei randagi, lasciando dietro di sé solo dolore e sospetti mai chiariti.

Poi, come se non bastasse, è arrivato il secondo atto. Pochi giorni fa, lungo la sterrata che dal laghetto dei Roveri conduce alla colonia elioterapica, un testimone si è trovato davanti a uno scenario da film horror: la parte anteriore di una mucca recisa di netto, spalle e testa abbandonate sull’argine. Della parte posteriore dell’animale nessuna traccia. Due mucche della stessa mandria risultano ferite e un vitellino è scomparso.

Chi ha agito non era un improvvisato. “Una mano esperta”. Qualcuno capace di maneggiare coltelli e lame con freddezza, forse legato al mercato nero della carne. Perché la macellazione abusiva, se davvero questa fosse la pista, apre scenari torbidi: carne clandestina immessa sul mercato, nessun controllo sanitario, rischi enormi per la salute.

La legge parla chiaro. Rubare un capo di bestiame è furto aggravato, con pene fino a sei anni di carcere. Uccidere un animale con crudeltà o senza necessità è reato penale, articolo 544-bis, punibile con la reclusione da quattro mesi a due anni. A ciò si aggiunge l’abbandono di carcasse in area pubblica, con conseguenti violazioni sanitarie. Una catena di reati pesanti. Ma al di là delle sanzioni, resta il nodo centrale: chi può arrivare a tanto?

L’ipotesi della bravata, qui, sembra più fragile. Tagliare a metà un bovino non è roba da ragazzini annoiati. Servono competenze, forza, tempo. Non è un gioco. Eppure, anche il gesto delle zampette di gattino, pur meno complesso, porta con sé un messaggio di violenza e disprezzo che difficilmente può essere liquidato come una semplice “ragazzata”.

Il paese si interroga. C’è chi teme un “mostro” che si aggira indisturbato, capace di colpire animali indifesi con freddezza disumana. C’è chi, invece, parla di bravate, convinto che dietro ci siano giovani senza coscienza, pronti a sfidare limiti e buon senso per il gusto di apparire su uno schermo. Qualunque sia la verità, resta il fatto che due episodi così ravvicinati non si erano mai visti a Verolengo.

Le indagini proseguono. I carabinieri mantengono il massimo riserbo, ma stanno passando al setaccio le telecamere della zona in cui è stata ritrovata la carcassa della mucca. Cercano testimoni, raccolgono segnalazioni. Ogni dettaglio potrebbe essere decisivo. Ma il tempo che passa senza risposte alimenta sospetti e tensioni.

Verolengo è una comunità abituata a vivere di relazioni, a riconoscersi, a condividere. Per questo questi episodi lasciano ferite profonde. La violenza contro gli animali, ricordano gli esperti, è sempre un campanello d’allarme sociale. Può nascondere disagio, frustrazione, devianza. Può essere il preludio a qualcosa di peggiore.

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