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Cronaca

Era di San Maurizio Canavese l'operaio schiacciato da un carro attrezzi a Leinì

Operaio di 55 anni schiacciato da un carro attrezzi a Leinì: Spresal e carabinieri avviano accertamenti per verificare negligenze e carenze nella sicurezza delle autodemolizioni

Era di San Maurizio Canavese

Era di San Maurizio Canavese l'operaio schiacciato da un carro attrezzi nella sua ditta

Un’altra croce si aggiunge al tragico elenco delle morti sul lavoro. Questa mattina, in una ditta di autodemolizioni di via Meucci a Leinì, ha perso la vita Davide Rao, 55 anni, residente a San Maurizio Canavese. L’uomo, secondo una prima ricostruzione, avrebbe avviato un carro attrezzi con la marcia inserita senza salire a bordo: il mezzo si è mosso di scatto, la portiera lo ha colpito facendolo cadere a terra, e la ruota anteriore sinistra lo ha schiacciato, togliendogli la vita sul colpo. Sul posto sono intervenuti i Carabinieri e lo Spresal dell’Asl To4, che stanno svolgendo gli accertamenti per chiarire l’esatta dinamica dell’incidente.

La notizia ha suscitato sgomento e dolore, ma anche rabbia. Non si tratta soltanto di un dramma individuale, ma dell’ennesimo episodio che conferma una tendenza drammatica. Nel solo Piemonte, nei primi sette mesi dell’anno, le vittime sul lavoro sono già state 44, un incremento significativo rispetto alle 36 dello stesso periodo del 2024, come ha denunciato la UIL Piemonte. Un bollettino di guerra, lo definiscono i sindacati, stanchi di assistere a tragedie che definiscono annunciate.

“Un altro morto sul lavoro, un’altra tragedia che si poteva evitare con controlli, prevenzione, investimenti e con la giusta attenzione a quella che dovrebbe essere una priorità assoluta Alla sua famiglia va il mio cordoglio e la mia vicinanza. Ma non basta. Non possiamo restare inermi davanti a un tragico elenco che continua ad allungarsi. Non possiamo rassegnarci. La ministra del Lavoro venga in Parlamento a dire quali misure intende adottare subito, perché senza risposte concrete continueremo solo a contare i morti.” ha commentato dopo aver appreso la notizia la senatrice torinese di Italia Viva Silvia Fregolent.

Sulla stessa linea, anche il segretario generale della UIL Piemonte Gianni Cortese.

“Siamo stufi - ha stigmatizzato con indignazione - delle sterili manifestazioni di cordoglio. Denunciamo da troppo tempo la necessità di formazione e informazione preventiva, della dotazione di dispositivi di sicurezza, di un aumento dei controlli attraverso assunzioni mirate di personale, della lotta alla precarietà e dell’applicazione dei contratti nazionali di lavoro. Finché non si agirà su queste leve, il bollettino non si fermerà.”

Il segretario generale dell’UGL Paolo Capone ha sottolineato la gravità della giornata, segnata da più tragedie sul territorio nazionale: “Due vittime in un solo giorno, a Leinì e a San Giuliano Milanese. Non possiamo più accettare che le persone escano di casa per andare a lavorare senza più far ritorno dalle proprie famiglie. È fondamentale intervenire con fermezza, rafforzare i controlli e la formazione. La sicurezza sul lavoro è una battaglia che non possiamo permetterci di perdere.”

Anche dal mondo ecclesiastico arriva un monito. Il presidente della CEI, cardinale Matteo Zuppi, intervenendo a Bologna, ha ricordato che “le leggi ci sono, il vero problema è farle funzionare. Le chiamano morti bianche, ma sono il frutto di tanto lavoro nero. La volontà forse esiste, ma poi si disperde, non diventa operatività. Dobbiamo fuggire l’effetto coccodrillo: la morte di lavoro ci coinvolge quando accade, poi tutto finisce.” Un richiamo forte a trasformare la commozione passeggera in impegno concreto.

La verità è che la morte di Davide Rao è l’ennesimo grido che si leva da un Paese in cui ancora oggi si muore lavorando. Un uomo uscito di casa per compiere il proprio dovere quotidiano, che non vi farà più ritorno. Dietro le statistiche, dietro i comunicati e le prese di posizione, resta il dramma di una famiglia spezzata e di una comunità che piange.

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