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Massacrò di botte l'ex moglie: la Procura presenta ricorso contro la sentenza "mite"

La Procura ha impugnato una sentenza che, nelle motivazioni, giustifica la violenza come "umanamente comprensibile"

Cesare Parodi, presidente Anm e procuratore aggiunto di Torino

Cesare Parodi, presidente Anm (associazione nazionale magistrati) e procuratore aggiunto di Torino

La Procura di Torino ha deciso di impugnare la sentenza emessa dal Tribunale di Torino in composizione collegiale presieduto dal giudice Paolo Gallo - giudici a latere Elena Rocci e Giulia Maccari - che ha assolto un uomo dall'accusa di maltrattamenti nei confronti della sua ex compagna, Lucia Regna, connandandolo a una pena di un anno e sei mesi per lesioni. La donna era stata vittima di un'aggressione violenta che ha ridotto il suo volto a un mosaico di ferite, per cui sono state necessarie 21 placche di titanio per ricostruirlo. Il nervo oculare della vittima è stato lesionato e le sue ferite hanno lasciato segni indelebili nella sua vita. Nonostante la brutalità dell'aggressione, la decisione del tribunale ha suscitato polemiche per le motivazioni che hanno accompagnato la condanna.

Il caso risale al 28 luglio 2022, quando l’imputato ha aggredito l'ex compagna con violenza per sette minuti, colpendola ripetutamente. La sentenza di primo grado, emessa lo scorso giugno, ha suscitato un'ondata di indignazione, non solo per l'entità della pena, ma anche per le motivazioni che hanno accompagnato la decisione del tribunale. Il giudice Gallo, nelle sue motivazioni, ha scritto che l’aggressione non rappresentava un "accesso d’ira immotivato", ma uno “sfogo riconducibile alla logica delle relazioni umane”. Inoltre, l’imputato è stato assolto dall'accusa di maltrattamenti, mentre il tribunale ha ritenuto che le minacce e gli insulti rivolti alla donna - come “ti ammazzo” e “non vali niente” - dovessero essere letti nel contesto di una separazione, e che, quindi, fossero reazioni “umanamente comprensibili”.

Secondo la difesa dell’imputato, rappresentata dall'avvocato Giulio Pellegrino, la sentenza è stata una valutazione rigorosa della situazione, che ha tenuto conto del contesto in cui è avvenuta l'aggressione. Dall’altra parte, la parte civile, rappresentata dall’avvocata Annalisa Baratto, ha fortemente criticato la decisione, considerandola un atto che mortifica la vittima e non rende giustizia alla gravità dell’aggressione.

Il presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati (ANM) e procuratore aggiunto di Torino, Cesare Parodi, ha dichiarato che la Procura ha deciso di impugnare la sentenza perché ritenuta troppo indulgente nei confronti dell’aggressore. Parodi ha aggiunto che le motivazioni della sentenza vanno contro l'evidenza dei fatti e il quadro giuridico stabilito per le violenze domestiche. L’esito del ricorso dovrà essere valutato da un altro giudice, ma il fatto che la Procura abbia deciso di impugnare la sentenza sottolinea quanto questa decisione sia stata percepita come un messaggio problematico per la giustizia in Italia, e in particolare per il trattamento della violenza domestica.

Il presidente dell'Anm, Cesare Parodi, sostituto procuratore a Torino

In seguito alla sentenza, la Camera Penale del Piemonte Occidentale ha espresso preoccupazione riguardo alla campagna mediatica e politica che si è scatenata contro il tribunale. Il documento sottolinea come questa campagna si fondi su conoscenze imprecise o volutamente distorte, mettendo in discussione l'indipendenza del giudice. La Camera Penale ha difeso la libertà e l'autonomia dei magistrati, avvertendo che critiche infondate potrebbero minare la capacità della giustizia di operare in modo imparziale e indipendente. Questo intervento ha sollevato un dibattito sull'equilibrio tra la necessità di una giustizia severa nei confronti della violenza domestica e il rispetto per l'autonomia della magistratura.

Il Caso Regna: La Storia di Lucia

Lucia Regna, 44 anni, è stata vittima di un’aggressione atroce che ha segnato la sua vita per sempre. Il suo ex compagno, durante l'episodio del 28 luglio 2022, l'ha picchiata per ben sette minuti, sfondandole il volto e causandole danni permanenti. Il nervo oculare della donna è stato lesionato e, per ricostruire il suo volto, sono state necessarie 21 placche di titanio. Questo episodio di violenza è stato preceduto da una serie di minacce e insulti, tra cui frasi come “ti ammazzo” e “non vali niente”, che la donna ha subito per mesi.

L’uomo è stato condannato a un anno e sei mesi per lesioni, ma è stato assolto dall’accusa di maltrattamenti, nonostante la brutalità dell’aggressione e le evidenti tracce lasciate sul corpo della vittima. La motivazione della sentenza, che descrive la violenza come uno “sfogo umano” riconducibile alla fine del matrimonio di vent’anni, ha sollevato numerosi interrogativi. Il giudice ha infatti scritto che la separazione della coppia era stata comunicata dalla donna «in maniera brutale», giustificando così il comportamento violento dell’imputato come una “reazione comprensibile”.

Il caso ha sollevato anche una forte reazione da parte della politica. Paolo Ruzzola, capogruppo di Forza Italia in Regione, ha dichiarato di essere sinceramente scosso dalle motivazioni della sentenza, che, secondo lui, ribaltano la figura della vittima e del colpevole. Ruzzola ha chiesto un intervento immediato del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affinché intervenga presso il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) per chiarire le motivazioni della sentenza e salvaguardare la credibilità del sistema giuridico italiano, che rischia di subire danni irreparabili da un caso del genere.

Questa vicenda solleva una questione fondamentale: la giustizia e le parole del giudice non sono mai neutrali. Le sentenze, in particolare quelle che riguardano la violenza domestica, devono inviare un messaggio chiaro e inequivocabile alla società: la violenza contro le donne non è mai giustificabile, non importa quale sia il contesto. Definire l'aggressione come una “reazione comprensibile” rischia di alimentare una cultura della violenza domestica che, se normalizzata, diventa difficile da combattere.

La sentenza di Torino è un esempio di come la giustizia non comunichi solo attraverso le pene, ma anche attraverso il linguaggio che accompagna le decisioni. La motivazione che riduce la violenza a una reazione «umanamente comprensibile» non solo ha suscitato l'indignazione della vittima, ma ha anche scosso l'opinione pubblica, creando un divario tra l'interpretazione della giustizia e le aspettative della società.

La decisione di impugnare la sentenza porta la vicenda a una nuova fase. Sarà un giudice dell’appello a decidere se la sentenza di primo grado, che ha condannato l'imputato a una pena di un anno e sei mesi per lesioni, è giusta e adeguata alla gravità dell'aggressione. Questo ricorso potrebbe essere determinante non solo per la giustizia di Lucia Regna, ma anche per il futuro della giustizia nelle cause di violenza domestica in Italia.

In conclusione, la vicenda non riguarda solo i singoli coinvolti, ma ha un impatto significativo sulla percezione della giustizia e sul trattamento delle vittime di violenza. La Procura ha avviato una battaglia legale per ribadire che la violenza, soprattutto quella contro le donne, non può mai essere giustificata da motivi emotivi o familiari, e che la giustizia deve sempre rispondere con fermezza e determinazione per proteggere le vittime.

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