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Cronaca
30 Luglio 2025 - 15:51
Il macchinista di Brandizzo tra le vittime invisibili: travolto dalla tragedia, cambia vita e chiede giustizia
Non era tra i cinque operai uccisi dal treno 14950 la notte del 30 agosto 2023, eppure anche la vita del giovane macchinista di Rfi è stata spezzata in quel momento. Aveva solo 31 anni e si trovava alla guida del convoglio che travolse e uccise Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Aversa, Michael Zanera, Saverio Giuseppe Lombardo e Kevin Laganà durante un intervento sui binari a pochi metri dalla stazione di Brandizzo. Da quella notte, anche lui è diventato una vittima. Ma invisibile, silenziosa, fuori dai titoli, eppure profondamente segnata.
Quel treno, composto da 11 vetture senza passeggeri, procedeva con il semaforo verde, come previsto, e nessuna comunicazione era arrivata ai due macchinisti sulla presenza di operai in quel tratto di binario. In cabina non era solo: con lui c’era un collega con trent’anni di esperienza, che ha condiviso l’orrore di quei pochi secondi e lo shock immediato. I due sono finiti entrambi all’ospedale di Settimo, devastati dall’accaduto, e poi negli uffici della Procura di Ivrea, convocati per ricostruire quanto accaduto.
Il trentunenne ha retto quel peso finché ha potuto, poi ha ceduto. Ha lasciato il lavoro sui treni, ha cambiato mansione, oggi è un semplice impiegato. Un gesto che racconta meglio di ogni parola quanto profondo sia stato il trauma. Non guida più, ha perso il diritto alle indennità aggiuntive previste per i macchinisti, ha rinunciato al proprio mestiere. Non solo per paura, ma per un dolore che ancora non riesce a elaborare. Le notti dell’agosto 2023 tornano come fantasmi e con loro la consapevolezza di aver visto, sentito, capito tutto un istante dopo. Troppo tardi.
Per questo ora è stato formalmente riconosciuto come parte offesa nell’inchiesta. Una posizione rara, diversa da quella dei familiari delle vittime e dei sindacati costituiti parte civile, ma non meno legittima. Assieme al suo legale, Paolo Rossati, potrà chiedere i danni materiali e morali subiti a 21 imputati fisici e a 3 società, tra cui anche Rfi, l’azienda per cui ancora lavora, ma non più da protagonista della rete ferroviaria.
La Procura di Ivrea, con il procuratore capo Gabriella Viglione e le pm Valentina Bossi e Giulia Nicodemi, ha ricostruito nel dettaglio la catena di omissioni e responsabilità che hanno portato alla strage ferroviaria, indicando tra gli imputati principali Antonio Massa e Andrea Girardin Gibin, i due addetti che quella notte erano presenti insieme alla squadra di operai. Tutti gli indizi raccolti, dai tracciati dei treni alle comunicazioni mancate, confermano che nessuno aveva informato i macchinisti della presenza degli operai. Non c’era stato nessun via libera autorizzato per l’intervento sui binari. E quella negligenza ha travolto cinque vite e devastato anche quella del conducente.
Oggi, a distanza di quasi due anni, resta una città ferita e troppe domande aperte. Il semaforo verde all’ingresso della stazione, la totale assenza di preavviso, le procedure di sicurezza saltate: ogni elemento punta a una catena di errori che non è ancora stata spezzata. A un anno dalla tragedia, l’ombra di un rischio ancora presente aleggia sulle reti ferroviarie italiane. E mentre si avvicina l’apertura del processo, emerge anche la storia del macchinista, rimasta fino a ora sottotraccia.
Non vuole parlare con la stampa, non rilascia dichiarazioni. Ma il suo nome compare tra le parti civili, accanto a quello dei genitori e dei figli delle vittime. E la sua presenza, seppur discreta, è la prova che in quella notte non sono morte solo cinque persone. Sono crollate certezze, fiducia, sicurezza. E qualcun altro ha iniziato una vita nuova, segnata per sempre, solo perché qualcuno, in quella lunga catena, ha scelto di non rispettare le regole.
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