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Cronaca
25 Luglio 2025 - 12:36
La chiusura dell’inchiesta sulla strage ferroviaria di Brandizzo ha segnato un passaggio cruciale verso il processo, atteso ora da associazioni, sindacati e soprattutto dai familiari delle cinque vittime. E mentre la procura di Ivrea tira le fila di un lavoro investigativo durato quasi due anni, il fronte civile si organizza per chiedere giustizia e riforme concrete, in un Paese in cui, anche dopo il 30 agosto 2023, si continua a morire lungo le rotaie.
A intervenire con fermezza è Massimiliano Quirico, direttore della rivista “Sicurezza e Lavoro”, che commenta: «Attendevamo da tempo la notizia della chiusura delle indagini sulla strage ferroviaria di Brandizzo, e ci auguravamo, così come è stato, che arrivasse prima del prossimo anniversario della tragedia». Un passaggio che avviene infatti a poco più di un mese dalla ricorrenza, che sarà commemorata con la “Settimana del Lavoro Sicuro”, insieme a istituzioni e sigle sindacali.
Quirico rivendica anche la rapidità con cui è stato portato a termine l’iter investigativo: «Ci congratuliamo con la Procura di Ivrea per aver svolto in tempi rapidi un lavoro di indagine sicuramente molto complesso, completato nonostante le note carenze di organico». Ma il punto centrale, per Sicurezza e Lavoro, resta il processo: l’associazione ha già annunciato l’intenzione di costituirsi parte civile.
Un impegno condiviso anche da Fenealuil Piemonte, la federazione nazionale degli edili Uil. Il suo segretario generale, Giuseppe Manta, afferma: «Accogliamo con soddisfazione la notizia della chiusura delle indagini sui fatti di Brandizzo e siamo intenzionati a costituirci parte civile nel processo: è una vicenda incredibile, una strage inconcepibile con le tecnologie a disposizione. Chiediamo piena e rapida giustizia per i cinque operai edili travolti dal treno: è un dovere nei confronti dei familiari e nei confronti di tutti quei lavoratori che ancora oggi continuano a operare in condizioni in cui non vengono garantite salute e sicurezza».
Parole dure, che chiamano in causa la responsabilità di un intero sistema, incapace — malgrado strumenti e conoscenze — di garantire l’incolumità minima per chi lavora di notte, sui binari, con turni estenuanti e contratti spesso a scadenza.
Nella sua dichiarazione, Quirico va oltre Brandizzo e punta il dito contro un meccanismo che continua a mietere vittime: «Occorre fare chiarezza e intervenire sulle cause della strage: sui binari delle ferrovie italiane si è continuato a morire dopo il disastro di Brandizzo, come dimostrano i casi di Meina e di San Giorgio di Piano, senza che nulla sia cambiato per quanto riguarda le manutenzioni ferroviarie».
Nel frattempo, sul fronte difensivo, le prime reazioni segnano un netto sollievo per il cambio di rotta sull’impostazione dell’accusa. A parlarne è l’avvocato Massimo Mussato, legale di Andrea Girardin Gibin, caposquadra Sigifer tra i 21 indagati: «La prima sensazione è di soddisfazione nel constatare come la Procura abbia abbandonato l’ipotesi del dolo eventuale, per riportare l’attenzione sull’alveo naturale della colpa». Parlare di dolo — cioè dell’accettazione del rischio di uccidere — significava tracciare un profilo penale quasi criminale. Ora, invece, si torna su un piano di colpa professionale, pur con esiti potenzialmente gravi.
Il legale sottolinea che la difesa sarà articolata e non priva di complessità: «Si tratterà di una difesa complessa e articolata su più fronti, sempre con il massimo rispetto che una tragedia come questa impone a tutti». E aggiunge: «Il mio assistito porterà avanti la sua difesa, con dignità e massima determinazione, come ha già fatto nel lunghissimo interrogatorio a suo tempo sostenuto, e lo farà nel rispetto assoluto della memoria dei suoi cinque compagni di lavoro e delle loro famiglie».
Le posizioni, ora, si stanno cristallizzando. Da una parte, una procura che ha tracciato la mappa delle responsabilità all’interno di un intreccio di negligenze, procedure ignorate e controlli assenti. Dall’altra, le difese che puntano a smontare l’accusa collettiva, chiedendo di valutare le posizioni individuali con attenzione e senza generalizzazioni. Intanto le tre società coinvolte — Rfi, Sigifer e Clf — sono indagate come persone giuridiche per omessa adozione di modelli organizzativi idonei a prevenire simili disastri.
Ma il nodo politico e sociale resta irrisolto: perché si è lavorato senza autorizzazione formale quella notte? Perché, come testimoniato da diversi operatori, era pratica abituale lavorare “sulla parola”, senza via libera scritto, in un contesto dove la velocità dell’appalto sembrava contare più della sicurezza dei lavoratori?
La risposta potrebbe arrivare solo nel corso del processo. Ma per molti — come per le associazioni e i sindacati — il tempo del silenzio è finito. La commemorazione del 30 agosto non sarà solo un ricordo, ma anche una richiesta precisa: verità, responsabilità e riforme. Perché un’altra Brandizzo non accada mai più.
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