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Cronaca
16 Luglio 2025 - 11:40
Mazzè in lacrime per Jacopo: l'ultimo saluto nella chiesa parrocchiale
Una bara chiara, sobria. Un silenzio che taglia il fiato. Uno strazio composto e senza parole. Così Mazzè ha salutato stamattina Jacopo Peretti, 33 anni, morto nell’esplosione del palazzo di via Nizza a Torino, il 30 giugno scorso. La chiesa parrocchiale dei Santi Gervasio e Protasio non riusciva a contenere le persone accorse per l’ultimo saluto. Dentro, accanto alla mamma Marzia e al nonno Severino, c’era Gioele, il compagno di Jacopo. C’erano i padrini Claudio e Alfredo, la madrina Tina, le cugine Serenella e Federica, e una comunità intera stretta nel dolore. Presenti anche il sindaco di Mazzè Marco Formia, l’assessore al commercio della Città di Torino in rappresentanza di Stefano Lo Russo, e tanti, tantissimi amici e conoscenti.
Il parroco don Alberto Carlevato, durante l’omelia, ha parlato con voce rotta dall’emozione: «Jacopo è come Gesù, la morte ingiusta di Cristo, è la morte ingiusta di Jacopo per l’invidia, per la cattiveria altrui». Ha detto di aver parlato con la madre, ma di non aver trovato parole sufficienti. «Niente può consolare chi perde un figlio così. Niente può spiegare questa ferocia».
Jacopo dormiva nel suo appartamento al primo piano, quando, poco prima dell’una di notte, un’esplosione ha devastato il palazzo al civico 156 di via Nizza. È morto sul colpo, travolto dalle macerie. Cinque le persone rimaste ferite, alcune ustionate. Le prime ipotesi parlavano di una fuga di gas, poi le indagini hanno ribaltato tutto.
Oggi si sa che a provocare la deflagrazione sarebbe stato Giovanni Zippo, 40 anni, guardia giurata, ricoverato al CTO per gravi ustioni. Ai magistrati ha scelto di non rispondere, ma al suo avvocato, Basilio Foti, ha detto poche parole: «Sono stato io. Mi vergogno».
Secondo quanto accertato finora, Zippo voleva fare un dispetto alla sua ex compagna, vicina di casa di Jacopo, che nel frattempo si trovava all’Isola d’Elba col nuovo compagno. L’uomo avrebbe cosparso di liquido infiammabile la porta o l’ingresso dell’abitazione della donna, ma qualcosa è andato storto. L’innesco, ancora non chiarito, ha provocato una tremenda esplosione che ha polverizzato l’intero edificio. In quella casa, però, non c’era lei. C’era Jacopo.
Il legale dell’indagato ha parlato di un gesto “spropositato, sfuggito di mano”. «Non voleva uccidere nessuno. Non immaginava sarebbe esploso tutto». Eppure, il reato contestato è omicidio volontario con dolo eventuale, oltre al crollo doloso. Il perito nominato dalla Procura, l’ingegnere Marco Sartini, dovrà ora stabilire l’esatta dinamica e le responsabilità tecniche dello scoppio. Gli accertamenti dei vigili del fuoco parlano chiaro: tracce compatibili con l’innesco di liquidi infiammabili, Zippo visto allontanarsi col volto insanguinato, testimoni che confermano la sua presenza sulla scena.
Jacopo era conosciuto e benvoluto, una presenza discreta e gentile nel quartiere.
Dopo la messa, la bara è stata accompagnata in corteo verso il Tempio Crematorio di Mappano. La famiglia ha chiesto di non inviare fiori, ma di sostenere iniziative benefiche in memoria di Jacopo: «IN RICORDO DI JACOPO E NOME FAMIGLIA», specifica la causale per chi volesse contribuire.
Resta il dolore, resta la rabbia. Resta una morte che non ha senso. In un giorno che avrebbe dovuto essere come tanti, Jacopo è diventato vittima di una follia privata, sfociata in tragedia pubblica. Una storia che non si chiude con l’uscita dalla chiesa, ma che ora passa nelle mani della giustizia. Con una comunità che chiede verità, e una famiglia che chiede solo silenzio e rispetto.
Il nonno di Jacopo Peretti, ex amministratore comunale e presidente Avis, con il sindaco Marco Formia e l’assessore al commercio della Città di Torino in rappresentanza del sindaco Stefano Lo Russo
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