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11 Luglio 2025 - 11:14
Canavese in lutto per Jacopo! Vittima dell’esplosione a Torino, aveva 35 anni
Mazzè e Torino oggi sono unite dal filo di una tragedia che continua a farsi più densa, più difficile da accettare. Alle 9 del mattino di venerdì 11 luglio è stata eseguita l’autopsia sul corpo di Jacopo Peretti, il 33enne originario di Mazzè morto nel crollo del palazzo di via Nizza 107 a Torino, un’esplosione che ha squarciato una palazzina e tolto la vita a un uomo estraneo a tutto. Un passante, una vittima innocente rimasta coinvolta nel gesto estremo di un altro.
L’incarico dell’autopsia è stato affidato alla dottoressa Alessandra Cicchini, mentre la famiglia della vittima, rappresentata dall’avvocato Lorenzo Bianco, ha nominato un consulente di parte. Oltre all’esame autoptico, sono stati disposti anche accertamenti irripetibili per analizzare la propagazione dell’incendio che ha innescato il collasso dell’edificio.
Sul fronte dell’indagine, è al centro l’unico indagato: Giovanni Zippo, 40 anni, guardia giurata, ricoverato nel reparto grandi ustionati del CTO di Torino. Avrebbe dovuto sostenere l’interrogatorio di garanzia alle 12, ma il colloquio con il giudice è stato rinviato per via di un intervento chirurgico urgente che ha richiesto l’anestesia. Il suo legale, l’avvocato Basilio Foti, ha ricevuto comunicazione formale del posticipo.
Intanto, però, emergono le prime ammissioni, confuse ma pesanti. Zippo, parlando con amici e parenti sentiti dalla squadra mobile di Torino, coordinata dalla pm Chiara Canepa, avrebbe inizialmente detto di essersi ustionato con dell’olio bollente mentre friggeva patatine. Poi, in un momento di lucidità o di cedimento, avrebbe ammesso: “Vorrei non aver fatto nulla e dovevo chiedere aiuto. Non so cosa mi è girato in testa, ho sbagliato tutto e mi dispiace per tutto quello che state passando. Mi vergogno, non sono degno di voi”.
Una frase che pesa. Come pesa la convinzione degli investigatori che l’esplosione non sia stata un incidente, ma un gesto deliberato. Zippo, secondo le prime ricostruzioni, avrebbe avuto una relazione burrascosa con una donna che abitava nell’edificio, alla quale avrebbe prestato ingenti somme di denaro nel corso degli anni. Lei, però, lo aveva lasciato e aveva intrapreso una nuova relazione.
La rabbia e il senso di rifiuto avrebbero armato la mano del 40enne, che avrebbe scelto di vendicarsi con la distruzione. Una vendetta che ha colpito non solo la donna, ma anche chi nulla aveva a che fare con la loro storia.
Jacopo Peretti, il 33enne di Mazzè, è morto così. Investito dalle macerie di una tragedia che non gli apparteneva, travolto da una violenza che non aveva cercato.
La madre, Marzia Grua, ha affidato il suo dolore a una lettera aperta, in cui dice che, se le ipotesi fossero confermate, la morte del figlio sarebbe collegata a una vicenda di ossessione, rifiuto e violenza. Ha parlato di femminicidio, anche se la vittima è il figlio, e ha spiegato che, come madre, prova un dolore che non si può spiegare. Ma soprattutto ha voluto lanciare un messaggio: nessuno ha il diritto di togliere la libertà o la vita a un’altra persona, e la violenza non può mai essere amore.
Un pensiero che oggi risuona in modo ancora più potente, mentre in tanti, a Torino e a Mazzè, si stringono attorno a una famiglia spezzata e a un nome che, da oggi, sarà legato per sempre a una tragedia annunciata e a una verità ancora da scrivere.
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