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06 Giugno 2025 - 12:06
Sentenza storica a Torino: accolto il ricorso di tre fratelli, non dovranno pagare l’IMU
Potrebbe diventare un vero e proprio punto di svolta per migliaia di proprietari italiani la sentenza pronunciata il 4 aprile 2025 dalla Corte di Giustizia Tributaria di Torino. Un verdetto destinato a fare giurisprudenza e che, nel concreto, libera tre fratelli torinesi dal pagamento dell’IMU su un immobile erroneamente classificato come “di lusso”, ma che di lussuoso, nei fatti, non ha mai avuto nulla.
La vicenda nasce da una palazzina situata in strada del Nobile, sulla collina torinese. Costruita nel 1960, l’edificio – composto da sette appartamenti – era stato catalogato dall’Agenzia delle Entrate nella categoria catastale A1, riservata alle abitazioni signorili. Una classificazione che comporta l’obbligo di versare l’IMU anche se l’abitazione è principale, a differenza di quanto accade per le case ordinarie.
I tre fratelli, proprietari dell’immobile, si sono visti recapitare una rivalutazione della rendita catastale a 3.500 euro per nove vani, con conseguente tassazione come “residenza di pregio”. Ma l’edificio, sostengono, non ha alcuna delle caratteristiche previste per le abitazioni A1: niente soffitti a cassettoni, sale da ricevimento, né rifiniture di alto livello. E così, con il supporto dell’avvocato Giorgio Vecchione, hanno deciso di presentare ricorso.
I giudici della terza sezione della corte tributaria, guidati dalla giudice Luisella Collu, hanno accolto il ricorso. Nelle motivazioni si legge che l’Agenzia delle Entrate non ha fornito alcun elemento concreto per giustificare la classificazione come A1, né spiegazioni sufficienti a motivare il diniego di declassamento. In altre parole, il fisco ha preteso l’imposta senza dare prova delle caratteristiche “di lusso” dell’immobile, violando il principio di trasparenza e contraddittorio.
Ma la portata della sentenza va ben oltre Torino. Il decreto Renzi del 2014, che stabilisce che tutte le abitazioni A1, A8 e A9 sono “di lusso” a prescindere dalle condizioni reali, ha permesso ai Comuni di incassare milioni di euro in IMU. Solo a Torino si parla di oltre 9,5 milioni all’anno.
Questa sentenza, però, apre la porta a una possibile ondata di ricorsi. Ci sono già almeno 30 casi simili pendenti a Torino, e altri potrebbero aggiungersi in tutta Italia. L’avvocato Vecchione si dice certo che “molti giudici seguiranno l’impostazione della Corte torinese”, dando nuova speranza ai proprietari alle prese con classificazioni arbitrarie. Il messaggio lanciato dalla sentenza è chiaro: il fisco deve dimostrare, non presumere. L’automatismo che lega la categoria catastale A1 all’obbligo di IMU potrebbe vacillare di fronte a valutazioni più attente e basate su dati reali. Per i cittadini si tratta di una vittoria importante, che riconosce il diritto a contestare decisioni calate dall’alto senza motivazioni fondate.
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