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Cronaca
06 Giugno 2025 - 09:08
Il caso agita il mondo dello spettacolo
Angelo Duro, volto noto della comicità italiana, è finito nel mirino della Procura di Roma con un’accusa pesante: evasione fiscale per 150mila euro relativi all’anno d’imposta 2023. La vicenda nasce da un controllo amministrativo che ha portato gli inquirenti, coordinati dal procuratore Stefano Pesci, ad approfondire la gestione economica delle attività del comico palermitano. Al centro dell’indagine, un presunto escamotage contabile usato per ridurre il carico fiscale senza variare la sostanza dell’attività professionale.
Secondo l’impostazione dell’accusa, tutto ruota attorno alla partita Iva in regime forfettario aperta da Duro, regime agevolato che consente agli autonomi con ricavi sotto una soglia prefissata (attualmente 85mila euro) di versare un’imposta unica ridotta. Tuttavia, una volta superato il limite, invece di transitare al più oneroso regime ordinario, l’attore avrebbe scelto una via alternativa: costituire una società ad hoc per continuare a percepire i compensi, eludendo così i vincoli fiscali imposti dalla normativa.
Un’operazione che, secondo la Procura, non avrebbe avuto una reale giustificazione imprenditoriale, ma sarebbe servita unicamente a ottenere un risparmio fiscale, quantificato in circa 150mila euro. Il meccanismo è noto tra i commercialisti come “partita Iva a intermittenza”, e si presta a elusioni quando la nuova struttura societaria di fatto replica le stesse prestazioni del soggetto originario.
Angelo Duro
Nessun dipendente, nessuna attività distinta, nessuna struttura operativa nuova: solo un cambio di veste giuridica per continuare a incassare senza finire nella rete del fisco. È su questo punto che si concentra il lavoro del procuratore Pesci, che sta acquisendo documentazione contabile, statuti societari e flussi di pagamento, per dimostrare che la società costituita da Duro non aveva una vera autonomia.
Da parte sua, l’attore non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali. Chi gli è vicino parla di una scelta legata a esigenze organizzative, priva di intenzionalità fraudolente. Ma ora dovrà difendersi da una contestazione formale, e non si esclude che venga sentito nelle prossime settimane. Resta da capire se la vicenda si risolverà in ambito tributario, con un accordo col fisco, o se si trasformerà in un vero e proprio processo penale per dichiarazione fraudolenta.
Il caso riporta sotto i riflettori il tema, sempre caldo, dell’uso “creativo” delle partite Iva tra professionisti dello spettacolo, influencer, freelance e creativi. Una zona grigia in cui, tra legittima ottimizzazione e frode, il confine è spesso sottile. La vicenda di Duro potrebbe aprire la strada ad altri accertamenti simili, soprattutto nel mondo dell’intrattenimento, dove la personalità pubblica e quella giuridica tendono a sovrapporsi.
Per ora la presunzione d’innocenza è d’obbligo. Ma il nome di Angelo Duro è già diventato il centro di un nuovo caso fiscale italiano, e sarà la magistratura a stabilire se si è trattato di una semplice leggerezza o di una manovra pensata per battere il sistema.
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