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Il mistero degli orologi dell’Avvocato: collezione scomparsa, eredi in guerra

Dal Patek Philippe da 6 milioni al mistero della collezione scomparsa. Il lusso di Gianni Agnelli, tra simboli di potere e silenzi imbarazzanti nei documenti successori. Mentre la Procura indaga, resta il sospetto: quei preziosi ticchettii sono finiti in Svizzera

Il mistero degli orologi

Il mistero degli orologi dell’Avvocato: collezione scomparsa, eredi in guerra

Un Patek Philippe World Time ref 1415HU, oro giallo, disco rotante con 41 fusi orari, un oggetto capace di fondere l’eleganza europea con la precisione svizzera. Valore attuale? Circa 83.000 euro. All’asta, però, uno dei primi esemplari ha toccato i 6,6 milioni. Era solo uno dei tanti orologi da sogno collezionati da Gianni Agnelli, che del tempo – e del suo controllo – aveva fatto una forma d’arte personale. Ma oggi, a oltre vent’anni dalla sua morte, nessuno sa dove siano finiti quei capolavori.

Sì, c’erano gli Audemars Piguet, i Cartier, i Rolex, i modelli Porsche Design, e chissà quanti altri. Orologi spesso portati al polso destro, come usavano i veri eccentrici, mentre al sinistro – fede nuziale esclusa – compariva solo un braccialetto casual, magari regalato da un’amica. Perché l’Avvocato era così: mai banale, nemmeno quando non mostrava nulla. Non portava la fede, forse perché la riteneva “da impiegati”, o forse perché il matrimonio con Marella Caracciolo non aveva bisogno di ostentazioni. Ma gli orologi no, quelli c’erano sempre.

Gli orologi di Agnelli

E adesso? Dove sono? È una curiosità legittima, considerando che l’intera eredità Agnelli è ancora un campo minato legale. Dopo la morte di Gianni nel 2003, i beni sono stati ripartiti tra la moglie Marella, la figlia Margherita e il nipote John Elkann, oggi presidente di Stellantis. Ma quella spartizione, che sembrava aver chiuso ogni conto, è diventata la miccia di un conflitto milionario che coinvolge la Procura di Torino, i tre fratelli John, Lapo e Ginevra Elkann, e perfino un notaio svizzero, Urs von Gruenigen, accusati di truffa ai danni dello Stato ed evasione fiscale. Al centro, i lasciti esteri di Marella. Ma nei documenti ufficiali, tra ville, opere d’arte e investimenti, degli orologi non c’è traccia.

A parte uno da taschino, che pare sia stato affidato a Lapo, tutto il resto è svanito. Eppure il valore di quella collezione è incalcolabile, non solo in termini economici. È identità, stile, potere. Possibile che sia confluita silenziosamente nel pacchetto da 1,3 miliardi con cui Margherita ha rinunciato alla Fiat e a tutto il resto dell’impero? Una transazione che oggi la stessa Margherita contesta, lamentando una mancanza di trasparenza, mentre intorno a lei – e contro di lei – si muovono i figli e i legali.

Strano poi notare che nessuno dei nipoti sembri aver ereditato la passione per l’orologeria. John Elkann, un tempo visto con l’orologio al polso destro come il nonno, oggi sembra guardare solo lo smartphone, cover rosa inclusa. Al massimo un braccialetto di cotone, regalo della figlia. Lapo invece si è fatto vedere spesso con l’Hublot Big Bang Millennial Pink, disegnato ai tempi di Garage Italia, ma più come provocazione pop che come tributo dinastico.

Così, mentre si riscrive la mappa della ricchezza Agnelli, mentre Margherita cerca risposte in Svizzera e la Procura rovista nei dossier “retrodatati”, quegli orologi restano invisibili, nascosti forse in una cassetta, o sparpagliati tra amici fidati, o ancora custoditi tra i ricordi blindati della dinastia. Ma il loro ticchettio continua. A segnare un tempo che, per la famiglia più potente d’Italia, non smette mai di fare rumore.

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