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Cronaca
06 Giugno 2025 - 10:05
‘Farai la fine di Giulia’: il rapper Amnesia processato per orrore in casa (foto di repertorio)
Nel silenzio teso di un’aula del Tribunale di Torino, si consuma in questi giorni il processo a Lorenzo Venera, in arte Amnesia, rapper noto al pubblico per aver partecipato al talent show “Amici di Maria De Filippi” nel 2013. Oggi non è più sotto i riflettori di uno studio televisivo, ma sotto l’occhio severo della giustizia, accusato di maltrattamenti aggravati nei confronti della sua ex compagna.
Una vicenda cupa, iniziata nel 2017 e culminata con l’arresto del cantante nel 2024, dopo un presunto tentativo di strangolamento. Attualmente agli arresti domiciliari, Venera è difeso dall’avvocato Roberto Saraniti. In aula, il 5 giugno, ha parlato lei: la giovane donna che ha condiviso con l’imputato anni di relazione tossica, raccontando minacce, botte e continue umiliazioni. “Diceva che mi avrebbe staccato la testa”, ha dichiarato davanti ai giudici. Un’espressione che ha gelato l’atmosfera del tribunale e restituito, con forza, la dimensione del terrore vissuto.
Secondo la sua ricostruzione, le aggressioni non erano episodi isolati ma una costante. Venera l’avrebbe più volte colpita, insultata e controllata, instaurando un rapporto fatto di paura e dominio. La sua testimonianza è stata corroborata da quella del padre, che ha ricordato una telefonata della figlia in preda al panico. “Quando sono arrivato aveva il collo pieno di lividi rossi”, ha detto, portando in aula un’altra tessera di un mosaico inquietante.
Ma questo non è il primo scontro di Amnesia con la giustizia. Il suo passato è segnato da precedenti penali: arresti per spaccio e condanne per violenza. Il quadro tracciato dalla pubblica ministero Barbara Badellino, che ha coordinato l’inchiesta, è quello di una spirale di aggressioni che si sarebbero protratte tra il 2018 e il 2024. Sarà lei a decidere se chiedere una condanna formale. La sentenza di primo grado è attesa entro l’estate.
Il processo Venera è diventato un caso emblematico. Non solo per la notorietà dell’imputato, ma perché porta al centro della scena una delle piaghe più gravi e sottovalutate della nostra società: la violenza domestica. Uomini che usano minacce e aggressioni per affermare il controllo. Donne che, spesso troppo tardi, trovano il coraggio di denunciare.
E in tutto questo, l’attenzione dei media ha un peso doppio: da un lato sensibilizza, dall’altro rischia di spettacolarizzare il dolore. Ma la giustizia dovrà parlare con chiarezza, offrendo non solo una risposta a questo caso, ma anche un messaggio netto a tutte le vittime: denunciare è possibile, e la legge può ascoltare.
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