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06 Giugno 2025 - 00:36
L'appello sui social di una ragazza perseguitata dai maranza di Settimo Torinese
Nella città dove "va sempre tutto bene madama la marchesa Elena Piastra", dove le telecamere funzionano e il degrado è solo un’invenzione dei giornali, i maranza continuano indisturbati a infestare piazze e vie.
E mentre le Istituzioni si nascondono dietro comunicati rassicuranti e teatrini ideologici, c’è chi, nel silenzio generale, trova il coraggio di raccontare la propria angoscia.
È una ragazza: B.P. Ha denunciato pubblicamente di essere vittima di insulti, minacce e molestie da parte di un gruppo di giovani che ormai le rende impossibile persino uscire di casa.
Il suo appello, lanciato su un gruppo Facebook, era un grido di aiuto. E diciamo "era" perché il post è stato eliminato.
Lavora nelle scuole. Ha problemi di salute. Ma da mesi deve fare i conti con ragazzi che la tormentano ogni volta che la vedono. Prima sul posto di lavoro, poi anche fuori, per strada. Sputi, offese, sguardi intimidatori. Tutto si ripete davanti al Conad di piazza dei Caduti o in via Italia. Lì dove i “bravi ragazzi” si radunano e la legge del branco annulla ogni senso di civiltà.
Allo sfogo di questa ragazza, carico di paura, sono seguiti decine di commenti. Tanti, tantissimi le hanno consigliato di andare dai carabinieri. Di non aspettare. Di rivolgersi anche alla dirigente scolastica. Qualcuno ha parlato di "vecchi metodi", evocando mazze da baseball e assenza totale di educazione familiare. Ma tutti, proprio tutti, hanno riconosciuto la gravità della situazione. Nessuno ha avuto il coraggio di dire che era un’esagerazione. Nessuno si è messo a difendere i teppistelli. Nessuno ha parlato di narrazione tossica o razzista. Nessun teatrino per dire che “non tutti sono maranza”.
Curioso, vero? Perché invece, quando alcune settimane fa il nostro giornale ha raccolto una denuncia analoga – sempre davanti al Conad, stessi soggetti, stessi gesti: sputi, lanci di oggetti, minacce – la reazione di chi vive attaccato alla sottana della sindaca è stata quella di accusare la stampa di inventare. Di fomentare l’odio. Di esagerare. Poi, quando i fatti sono esplosi e son finiti "pari pari" anche su altri media, si sono tutti zittiti. Anzi no: si sono dati da fare per organizzare la solita sceneggiata buonista – tipo “laboratorio teatrale” – con qualche prof idealista e l’assessora “fantasma”, quella che si vede solo quando può far finta che tutto vada bene.
Il problema però resta. Ed è grosso. Perché se una persona, perbene, fragile, che lavora, è costretta ad aumentare le medicine per l’ansia e ha il terrore di uscire di casa, allora la città non è sicura. Non è accogliente. Non è civile.
E che non vengano più a raccontarci la favola del “contesto difficile”, del “dialogo educativo”, del “non tutti sono uguali”. Perché quelli che insultano, sputano, minacciano e si credono padroni delle piazze non hanno bisogno di giustificazioni. Hanno bisogno di regole, di educazione, di limiti. E se non li dà la famiglia, se non li dà la scuola, se non li dà il Comune, allora restano impuniti. E vincono sempre loro.
Ma il dettaglio che fa più rumore è il post sparito. Dopo decine di reazioni, parole di sostegno, solidarietà autentica, qualcuno ha deciso – o forse è stato costretto – a cancellarlo. Non è più visibile. Non si trova. Troppa verità fa male, si sa. Troppo clamore può dare fastidio. A qualcuno, forse, quel post dava noia. Non i maranza. Non gli insulti. Non le minacce. Ma chi li denuncia.
Ecco perché il messaggio lanciato da questa giovane lavoratrice è una denuncia amara. Dolorosamente vera. Perché racconta una città che fa finta di nulla. Dove chi subisce deve anche giustificarsi. Dove la libertà di parola viene cancellata non con la censura ufficiale, ma con una forma più sottile: il consiglio sussurrato, la pressione gentile. Dove il messaggio è chiaro: meglio non dire nulla. Meglio tacere. Meglio far finta che tutto sia normale. Dove il diritto a vivere sereni viene barattato con l’immagine da cartolina, con l’apparenza della città perfetta. Ma la verità è che non basta un laboratorio teatrale per nascondere la realtà. La città reale ha paura. E chi governa fa finta di non vederla.
Buona sera a tutti mi chiamo ..... vi sto scrivendo per esporvi un problema ed eventualmente avere un consiglio a riguardo. Io appartengo alla lista speciale del lavoro in quanto tale presto servizio ... alle scuole 8 marzo, Galileo Ferraris e IPSIA. Da quando ho iniziato il servizio in queste scuole ho cominciato a subire molestie di tipo verbale e insulti da parte di più ragazzi delle varie scuole probabilmente anche a causa delle mie problematiche. Il fatto ancora più grave è che negli ultimi mesi queste molestie verbali e questi insulti si sono estesi anche al di fuori dell' ambito lavorativo e non solo, nelle ultime settimane alcuni di essi mi hanno anche minacciata. I luoghi principali sono Via Italia e nella piazza dei caduti al CONAD dove purtroppo incontro questi personaggi. Ormai ho praticamente paura ad uscire di casa e ho dovuto aumentare le medicine che prendo per non avere troppa ansia, quindi vi chiedo cortesemente se avete un consiglio a riguardo o se mi devo rivolgere direttamente ai carabinieri. Vi ringrazio anticipatamente per l'attenzione e mi scuso per lo sfogo ma sono ad un punto limite di sopportazione, auguro a tutti una buona serata.
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