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Cronaca
29 Maggio 2025 - 10:34
Uomo trovato morto in casa dopo giorni: la tragedia silenziosa della solitudine
In un angolo quieto del Piemonte, la morte è entrata in silenzio, senza un urlo, senza un testimone. È successo a Santena, comune di 11mila anime noto per la tomba di Cavour e per il verde curato dei suoi viali. Ma dietro le persiane chiuse di un appartamento in via Cesana, la vita di un uomo di 70 anni si è spenta nel silenzio più assoluto. Viveva da solo, seguito dai servizi sociali locali. Eppure nessuno si è accorto della sua assenza, finché non è stato troppo tardi.
È stato proprio il personale dei servizi sociali a insospettirsi, quando da qualche giorno non riceveva risposta alle telefonate, né apriva più la porta. Hanno lanciato l’allarme. Ma quando, nella mattinata del 29 maggio 2025, vigili del fuoco, polizia locale e sanitari dell’ASL TO5 sono entrati in casa, l’uomo era già morto da giorni. Non è stato un omicidio, né un suicidio: solo un corpo lasciato solo dal mondo, in attesa che qualcuno si accorgesse che non c’era più.
La tragedia di Santena è una fotografia nitida di un fenomeno che, tra statistiche e buoni propositi, continuiamo a ignorare nella vita reale: la solitudine degli anziani, quella condizione in cui si vive e si muore senza testimoni, e dove la tecnologia non basta a sostituire il calore umano. Secondo Istat, in Italia ci sono oltre 4 milioni di anziani soli, e nel Nord-Ovest la percentuale sfiora il 30%. Alcuni seguiti da assistenti domiciliari, altri iscritti a centri anziani, altri ancora dimenticati in qualche condominio, tra bollette da pagare e farmaci sul comodino.
La storia di quest’uomo settantenne, di cui non sono ancora state rese note le generalità, è la cronaca di un abbandono ordinario. Non era sconosciuto alle istituzioni: aveva contatti con i servizi sociali, era seguito, eppure la rete non ha retto. Non si può biasimare un operatore, né l’ASL, né la polizia. Il punto è più profondo: cosa significa, oggi, “essere seguiti”? Qual è il confine tra assistenza e presenza? Una telefonata ogni due giorni può davvero bastare per chi ha solo quella voce a cui rispondere?
Il Piemonte, proprio in questi mesi, ha annunciato un piano per la gestione delle liste d’attesa sanitarie tramite intelligenza artificiale. Un passo avanti, certo. Ma che mostra anche una crescente delega alla macchina, in un tempo in cui il contatto umano resta l’unico vero vaccino contro la solitudine. Il dramma di Santena non è un’eccezione. È una storia che si ripete, da Nord a Sud, in piccoli borghi e in quartieri metropolitani, tra anziani che muoiono nei loro letti e vengono scoperti solo per l’odore o per la posta accumulata.
Eppure, le soluzioni esistono. Le reti di vicinato, i patti di comunità, i gruppi intergenerazionali, i presidi sociali itineranti, la formazione di “sentinelle urbane” capaci di monitorare i segnali del disagio. Esperienze già attive in molte città europee, ma che in Italia faticano a diventare strutturali. Perché, in fondo, parlare di solitudine non porta voti, non fa notizia, non mobilita campagne social. E invece dovrebbe essere una priorità pubblica, tanto quanto la viabilità o il bilancio.
Il corpo di quell’uomo a Santena è stato trovato grazie a un allarme lanciato da chi, seppur tardi, ha capito che qualcosa non andava. Ma quante altre storie non avranno nemmeno una sirena a spezzare il silenzio? Quanti anziani “seguiti” vivono in realtà in un vuoto affettivo totale? Quanti di noi — nel nostro stesso condominio — non conoscono il nome del vicino del piano di sopra?
Questa non è una morte banale. È un avvertimento sociale. È il risultato di un sistema che si affida troppo alle procedure e troppo poco alle relazioni. Dove “seguire un anziano” non può significare solo registrare una scheda o pianificare una visita mensile, ma deve voler dire esserci, guardare, ascoltare, restare in contatto vero.
Se vogliamo davvero onorare la memoria di quell’uomo senza volto e senza parole, dobbiamo trasformare ogni tragedia silenziosa in una scintilla collettiva. Chiediamoci non chi fosse lui, ma quanto ci assomigli il suo destino. Perché la solitudine, come la morte, è democratica. Ma la risposta può non esserlo. Dipende da noi. Tutti.
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