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Cronaca
24 Maggio 2025 - 19:34
foto archivio
Li chiamano Clochard, barboni, senzatetto, invisibili. Non hanno nome, non hanno casa, non hanno voce. Ma ci sono. Sono lì, ogni giorno. Dormono dove possono, si coprono con ciò che trovano, si scaldano nei modi più improvvisati. E per molti diventano solo un fastidio, una minaccia al decoro. Sono gli invisibili, e uno di loro – venerdì sera – ha finito la sua corsa in un pronto soccorso, con il volto gonfio e le costole doloranti.
Teatro dell’ennesimo scontro silenzioso tra disperazione e intolleranza è via Marsigli, a Torino, nel quartiere Pozzo Strada. Qui, tra palazzi ordinati e un’area cani molto frequentata, sorge l’ex bocciofila. Un luogo ormai abbandonato da anni, dimenticato dalle istituzioni, ma diventato rifugio precario per chi non ha più nulla.
Giovedì mattina la polizia locale aveva sgomberato la struttura. I sigilli erano stati apposti, le reti chiuse, le coperte buttate via. Sembrava il preludio a un ritorno alla “normalità”. Ma cos’è la normalità, se non la rimozione di ciò che ci turba?
Il giorno dopo, venerdì sera, uno dei clochard, afflitto da problemi psichiatrici e di dipendenza, è tornato. Ha riaperto i sigilli. Per lui, quell’ex bocciofila non era un abuso, ma l’ultima tana possibile. Era la sua “casa”, l’unica che potesse ancora permettersi. Un atto disperato, non provocatorio. Un gesto che gridava: non ho altro posto dove andare.
Ma nel cortile è entrato anche un uomo con il suo cane. E la tensione, già latente da tempo tra i residenti e i senza tetto, è esplosa. Il clochard si è agitato, ha reagito male, ha dato un calcio all’animale. Il padrone del cane lo ha colpito. Più volte. Botte violente, rabbiose. L’uomo a terra, ferito, mentre intorno tutti fanno finta di non vedere.
Le contusioni sono l’epilogo visibile di una ferita molto più profonda. Quella di una città che non sa più cosa farsene degli ultimi, se non espellerli, allontanarli, silenziarli. Gli stessi che dormono sotto i portici, che elemosinano al mercato, che si scaldano con il vino cattivo o si rifugiano nelle dipendenze. Ma che sono – comunque – esseri umani.
Certo, il cane non andava colpito. Ma il dolore di chi è schiacciato ogni giorno tra freddo, fame, solitudine e paura, può trasformarsi in reazione sproporzionata, in gesto aggressivo. Eppure la risposta non può essere una scarica di pugni.
Chi vive nel quartiere, stanco e spaventato, ha forse solo visto il dito. Ma il problema è la luna: l’abbandono, l’assenza di alternative, il vuoto di politiche sociali che continuano a promettere soluzioni e si limitano a transenne e sgomberi.
La scena è una fotografia amara della nostra convivenza urbana. Da una parte i cittadini che reclamano sicurezza, dall’altra persone alla deriva. In mezzo, solo silenzio. E dolore.
E così, mentre le ferite di uno si contano in lividi e referti medici, quelle della nostra società si misurano nella vergogna di non voler guardare in faccia chi non ha più nulla. Né un tetto. Né un diritto. Né una voce.
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