Se i parenti non avessero chiamato, se i carabinieri non si fossero mossi, se i vigili del fuoco non fossero saliti fino a quella finestra chiusa, oggi probabilmente parleremmo di una morte silenziosa. E invece l’uomo, un anziano malato residente ad Arquata Scrivia, è ancora vivo. Trovato agonizzante sul pavimento, immobile, disidratato, dopo ore interminabili di sofferenza. Era solo, e nessuno lo aveva visto o sentito per due giorni. A salvarlo, una catena di interventi rapidi e coordinati, ma anche una casualità inquietante: un vicino aveva una copia delle chiavi, ma la porta era bloccata dall’interno. Solo l’ingresso dalla finestra ha permesso di evitare il peggio.
Il fatto è avvenuto lunedì 13 maggio, ma il racconto vale più di una cronaca. È lo specchio esatto della condizione di migliaia di anziani in Italia, soprattutto nei centri più piccoli, dove la solitudine è più forte del freddo e più pericolosa di una malattia. L’uomo ora è ricoverato all’ospedale di Alessandria. Dopo ore in condizioni critiche, i medici lo hanno stabilizzato: è fuori pericolo. Ma basterebbe un dettaglio a cambiare la storia: un giorno in più, una telefonata in meno, una finestra più alta.

Secondo i dati ISTAT, oltre 4 milioni di anziani in Italia vivono da soli, e la cifra è in costante crescita. L’invecchiamento della popolazione, unito alla frammentazione familiare e alla carenza di reti territoriali, crea un terreno fertile per episodi di abbandono involontario, dove anche chi ha parenti, come in questo caso, può finire intrappolato nella propria casa, senza la forza di chiamare aiuto. I campanelli d’allarme ci sono, ma servono strumenti per rispondere: servizi di prossimità, sorveglianza attiva, tecnologie accessibili per il monitoraggio, ma anche qualcosa di meno misurabile: una comunità presente.
La prontezza dei carabinieri di Arquata Scrivia, la tenacia dei vigili del fuoco e la segnalazione dei familiari hanno permesso di scrivere un finale diverso. Ma non possiamo affidarci ogni volta alla fortuna. Questa vicenda non è solo un salvataggio: è un promemoria per le istituzioni, per i servizi sociali e per ciascuno di noi. Perché la solitudine non è solo una condizione esistenziale: può diventare una condanna se ignorata, soprattutto nella terza età.