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Cronaca

Anziani di Ivrea derubati da finti Carabinieri: in manette il “Dio dell’oro”

Recuperati preziosi rubati: anziani raggirati ritrovano i loro gioielli grazie all'operazione "MIDA" dei Carabinieri di Ivrea.

Quei gioielli erano spariti mesi fa, portati via con la violenza o con l’inganno. Braccialetti, catenine, anelli di famiglia finiti nelle mani sbagliate, poi sequestrati in una maxi operazione dell’Arma, infine riconsegnati. È successo nei giorni scorsi alla caserma dei Carabinieri di Ivrea, dove alcune vittime di furti, truffe e rapine sono state convocate per il riconoscimento e la restituzione dei preziosi rubati. Tra loro soprattutto anziani, raggirati da criminali che si erano finti tecnici del gas, operatori di servizio o persino militari.

Il recupero degli oggetti è uno degli ultimi sviluppi dell’operazione “MIDA”, coordinata dalla Procura della Repubblica di Ivrea e condotta nell’aprile dello scorso anno. Un’indagine capillare che ha consentito di disarticolare una rete ben organizzata di ricettazione di oro rubato, attiva tra Piemonte, Lombardia e zone limitrofe. I numeri parlano chiaro: un arresto, cinque obblighi di dimora, tre denunce a piede libero. Ma soprattutto una figura chiave: un uomo di 86 anni residente a Torino, considerato il terminale di riferimento per l’acquisto e la rivendita di oro di provenienza illecita. Gli investigatori lo hanno soprannominato “il Dio dell’oro”.

Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri, l’anziano gestiva un flusso continuo di monili rubati, provenienti da furti in abitazione e rapine, che acquistava e poi rivendeva. Era lui il perno della filiera criminale, in grado di riciclare l’oro con metodi collaudati, riducendo al minimo il rischio per i suoi fornitori. Una figura silenziosa ma centrale, capace di muoversi con abilità tra gli anelli della catena del mercato nero dei preziosi.

Durante le perquisizioni eseguite nell’ambito dell’indagine, i militari hanno sequestrato complessivamente 566 grammi di oro. Un bottino importante, frutto di numerosi episodi criminali. Parte dei monili recuperati è stata riconosciuta da alcune vittime come refurtiva di una rapina avvenuta a Novara nell’aprile 2023, commessa da soggetti che si erano finti Carabinieri per entrare in casa. Un’altra parte, invece, proveniva da un furto in abitazione a Pavia, messo a segno nello stesso periodo.

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Nel corso dell’attività investigativa è emerso anche un caso avvenuto proprio a Ivrea, in cui un’anziana è stata truffata da individui che si erano presentati alla porta fingendosi operai del gas e membri dell’Arma. Con una scusa plausibile, sono riusciti a guadagnarsi la fiducia della donna, a entrare in casa e a rubare diversi oggetti in oro. Episodi che dimostrano ancora una volta quanto sia vulnerabile la popolazione più anziana, spesso sola e facilmente manipolabile da truffatori esperti.

La riconsegna dei beni avvenuta in caserma è stata seguita con particolare attenzione anche dagli investigatori, che stanno cercando di ricostruire l’intera catena di approvvigionamento e ricettazione. Ogni monile riconosciuto e restituito rappresenta un tassello utile per risalire ai responsabili materiali dei furti, ma anche per ricostruire le rotte dell’oro rubato.

Molti degli oggetti avevano un valore affettivo prima ancora che economico: regali di matrimonio, ricordi di famiglia, cimeli passati di generazione in generazione. Per le vittime, rivederli è stato un momento di commozione e giustizia, anche se parziale.

I Carabinieri colgono l’occasione per rinnovare l’appello alla cittadinanza, soprattutto agli anziani, a segnalare senza esitazione situazioni sospette, chiamando il numero unico 112. La raccomandazione è chiara: non aprire la porta a sconosciuti, non fidarsi di chi si presenta senza preavviso e verificare sempre l’identità di chi chiede di entrare in casa.

Intanto, le indagini proseguono per chiarire tutte le responsabilità e identificare eventuali altri complici coinvolti nella rete. Va ricordato che tutti i provvedimenti citati sono stati emessi nel corso delle indagini preliminari e che, per gli indagati, vige la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva.

Un’indagine complessa, ma che ha già prodotto un risultato concreto: riportare almeno una parte di quanto rubato a chi ne era stato privato. Un piccolo risarcimento, che restituisce dignità e memoria.

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