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Cronaca
24 Aprile 2025 - 10:09
Alba di fuoco su Kiev: nove morti e decine di feriti in un attacco russo tra i più devastanti del 2025
Non era ancora l’una di notte a Kiev quando le sirene hanno cominciato a risuonare nel buio, trasformando l’abituale angoscia notturna in puro terrore. Era il 24 aprile 2025 e la capitale ucraina si è svegliata nel cuore di un attacco aereo russo tra i più violenti dell’anno, una pioggia di missili e droni che ha devastato quartieri residenziali, strade, sogni. I numeri parlano chiaro: nove morti accertati, 63 feriti, tra cui sei bambini e una donna incinta, e un bambino di tre anni ricoverato in condizioni disperate.
Le esplosioni hanno squarciato il cielo sopra la città poco dopo la mezzanotte italiana. La risposta delle autorità è stata immediata: bunker aperti, allerta massima, messaggi disperati su Telegram dal sindaco Vitali Klitschko, che nel giro di pochi minuti ha confermato il lancio delle difese aeree. Ma l’onda d’urto è stata troppo intensa, troppo rapida, troppo coordinata. Mentre le unità di soccorso si muovevano tra le macerie, la conta dei feriti saliva di ora in ora. Ospedali saturi, ambulanze senza sosta, soccorritori che scavavano a mani nude.
Le immagini che arrivano da Kiev sono strazianti: palazzi sventrati, auto carbonizzate, detriti ovunque, bambini spaventati avvolti nelle coperte termiche. In alcune zone, le squadre di emergenza hanno impiegato ore per estrarre i sopravvissuti dalle macerie. I numeri, nel frattempo, sono diventati fredda contabilità della tragedia: prima cinque feriti, poi 38 ricoverati, infine il bilancio aggiornato con i nove morti confermati dalle autorità ucraine all’alba.
Attacco a Kiev
Ma mentre Kiev piange, da Mosca arrivano altre cifre, altre guerre. Il ministero della Difesa russo annuncia di aver abbattuto 87 droni ucraini diretti su varie regioni della Russia e sulla Crimea. Una risposta, un’escalation, l’ennesima tappa di un conflitto che non conosce tregua, che si nutre di raid, rappresaglie e retorica bellica.
Questo attacco rappresenta un punto di svolta non solo per l’intensità del bombardamento, ma per le sue implicazioni geopolitiche. I colloqui tra Ucraina e Unione Europea sono stati congelati, mentre Russia e Stati Uniti continuano una trattativa dai toni ambigui. Intanto, le sirene continuano a suonare. E in mezzo alle macerie, un popolo continua a resistere, con la pelle, con il coraggio, con l’ostinazione di chi non vuole essere spazzato via.
Non si tratta più solo di cronaca di guerra. Si tratta di quale mondo vogliamo accettare. Quello delle alleanze che esitano? Delle risoluzioni che non arrivano mai? O quello dove l’urgenza diplomatica diventa finalmente più forte del rumore delle bombe?
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