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Piove, governo ladro
21 Aprile 2025 - 06:00
I danni di una recente alluvione
Si moltiplicano, in questi giorni che seguono le abbondanti precipitazioni pre-pasquali in Piemonte, le iniziative di solidarietà per aiutare coloro che ne sono stati colpiti e hanno avuto case e aziende alluvionate e danneggiate. A chi vuole donare un po' di denaro da destinare alle prime urgenti spese di ripristino vengono forniti IBAN su cui effettuare i bonifici, oppure vengono indicate altre modalità di versamento (PayPal, Satispay, sms, ecc.). Così era avvenuto altre volte, in passato, per i terremotati e in occasione di altri eventi catastrofici. I promotori delle raccolte fondi dicono: mettetevi una mano sul cuore e una sul portafoglio, e donate quel che potete per aiutare questi sfortunati.
Di fronte a questo genere di appelli, la prima cosa che vien da pensare è: lo Stato – con le sue istituzioni, a tutti i livelli – non funziona. Com'è possibile che ogni volta che una “calamità naturale” colpisce una zona del Paese occorra, per poter fornire i primi aiuti a chi ne ha bisogno, chiedere un contributo volontario ai cittadini? Perché non esiste un fondo statale a cui attingere immediatamente in queste situazioni di emergenza?
Non è che i soldi, nelle pubbliche finanze, non ci siano; ma è la politica che decide come utilizzarli, in quale misura e in quali tempi. Se qualcuno, a Washington o a Bruxelles, da un giorno all'altro stabilisce che i Paesi europei devono aumentare la spesa per gli armamenti almeno al 2% del Prodotto Interno Lordo, non c'è nessun problema a dirottare le risorse su quel settore. Per fornire i primi aiuti agli alluvionati, invece, bisogna sperare nella generosità dei singoli.
È una questione di priorità. Si potrebbe decidere, ad esempio, che ogni anno lo Stato debba destinare (almeno) il 2% del PIL – il 2% di oltre duemila miliardi di dollari: faccia il lettore il conto – alla prevenzione del dissesto idrogeologico (prevenire, innanzitutto! ma qui il discorso sarebbe lungo...) e alla copertura dei danni da eventuali alluvioni, terremoti, frane, ecc.; e decidere che, parallelamente, lo Stato apra tra i cittadini una raccolta volontaria di fondi da utilizzare per l’aumento delle spese militari: una grande campagna di richiesta di bonifici e versamenti per finanziare l’acquisto di missili, carri armati, bombe, ecc., con lo slogan «al vostro buon cuore», perché ce lo chiedono Trump o Von der Leyen.
Una proposta, questa, che non verrà mai messa in pratica: per le spese militari i soldi si trovano subito, per manutenere e curare un Paese fragile qual è il nostro, no. E allora continuiamo ad andare a bagno ogni volta che piove un po' di più, investendo le risorse pubbliche – anziché sul territorio – nella preparazione della prossima guerra. Ma non lamentiamoci, perché questo Governo (e i precedenti), che decide di utilizzare in questo modo il denaro pubblico, l'abbiamo votato noi. Quindi, caro lettore, taci e spala il fango.
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