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Cronaca
23 Aprile 2025 - 10:55
Torino, costretti a prostituirsi dopo la promessa di un lavoro regolare: cinque arresti per associazione a delinquere
Dietro la promessa di una vita migliore, si celava un ingranaggio crudele fatto di coercizione, sfruttamento e privazione della libertà personale. È il cuore dell’inchiesta condotta dalla Polizia di Torino, sotto il coordinamento della Procura, che ha portato all’arresto di cinque cittadini brasiliani accusati di associazione per delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani, con l’aggravante dello sfruttamento della prostituzione. Le misure cautelari, eseguite il 15 aprile e rese pubbliche oggi, sono il frutto di un’indagine cominciata nel settembre 2024, supportata dal Servizio Centrale Operativo e dalla cooperazione internazionale di polizia, grazie anche al contributo del progetto Interpol “El Paccto 2.0”.
Le vittime erano transessuali reclutati in Brasile, ingannati con la falsa promessa di un lavoro regolare in Italia. Una volta giunti a Torino, venivano immediatamente privati del passaporto, che secondo gli aguzzini sarebbe stato restituito solo dopo il saldo di un “debito”. In realtà, iniziava una spirale di sfruttamento in cui il corpo diventava moneta, e la prostituzione l’unico mezzo per sopravvivere — ma senza alcun margine di libertà.
Al vertice dell’organizzazione, secondo gli inquirenti, c’erano due coniugi brasiliani, promotori e gestori della rete criminale. Erano loro a trovare gli alloggi per le vittime, a decidere dove dovessero prostituirsi, e a pretendere il pagamento del posto sulla strada, oltre che un “canone di locazione” per l’abitazione. Non solo: le vittime erano obbligate a versare integralmente i guadagni del meretricio, senza trattenere nulla. Il controllo era capillare, sistematico, brutale.
Un ruolo operativo fondamentale lo svolgeva anche il padre di uno dei due coniugi, incaricato di accompagnare le transessuali da casa ai luoghi di prostituzione, provvedere agli acquisti di beni di prima necessità, e infine riscuotere il denaro a fine giornata. La moglie di quest’ultimo, invece, cucinava i pasti per le vittime, ma anche questi venivano detratti dai “debiti” accumulati, in un sistema contabile che ricordava più una forma di schiavitù moderna che una relazione d’aiuto.
Tratta di prostituzione
Tra le vittime, una figura in particolare spicca come braccio armato dell’organizzazione. Secondo gli investigatori, una delle transessuali reclutate aveva il compito di controllare le altre, vigilando su ogni loro mossa in strada, trasmettendo ordini dai vertici e intervenendo con violenza se qualcuno si ribellava o cercava di sottrarsi al controllo.
Contestualmente agli arresti, la polizia ha eseguito perquisizioni personali e domiciliari che hanno portato al sequestro di passaporti appartenenti alle vittime, migliaia di euro in contanti, computer e smartphone, ora sottoposti ad analisi tecniche per accertare ulteriori responsabilità.
La ricostruzione della rete è il risultato di un lavoro investigativo che ha unito testimonianze, documenti, intercettazioni e cooperazione internazionale, a dimostrazione della natura transnazionale del crimine. La tratta a fini sessuali colpisce in modo feroce le persone transessuali, sfruttando la loro vulnerabilità e la difficoltà a trovare protezione. Le vittime, rese invisibili, erano state ridotte a numeri, corpi, reddito.
Ora, mentre la giustizia fa il suo corso, resta l’urgenza di intervenire con forza contro le reti di tratta, ma anche di rafforzare i canali di accoglienza e protezione per le vittime, troppo spesso lasciate sole. La cronaca restituisce un’istantanea dura ma necessaria: nessuna promessa vale la perdita della dignità. E nessun crimine, per quanto ben nascosto, può restare impunito.
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