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Cronaca

Moncalieri, cena, sesso e vendetta: rapporto a tre finisce male

Una cena a Moncalieri si trasforma in un incubo: condannata una donna ucraina per aggressione a una escort russa

Una serata di follia: la vendetta personale che ha portato a una condanna per rapina e lesioni personali

Moncalieri, cena, sesso e vendetta: rapporto a tre finisce male

Una serata nata sotto il segno del desiderio, finita tra violenza, denaro strappato e un processo dai contorni grotteschi. È quanto ha stabilito il Tribunale di Torino, condannando a tre anni e cinque mesi di reclusione con 900 euro di multa una donna ucraina, riconosciuta colpevole di rapina e lesioni personali ai danni di una escort russa, ingaggiata per un rapporto a tre con il marito.

I fatti risalgono al febbraio 2023, in piena escalation del conflitto tra Russia e Ucraina. Ma quella che avrebbe dovuto essere una notte trasgressiva, dopo una cena a base di pesce a Moncalieri, è degenerata in un episodio di violenza privata con risvolti internazionali.

Secondo quanto ricostruito dal pubblico ministero Gianfranco Colace, la coppia avrebbe condotto la escort nell’abitazione dell’uomo a Trofarello, ma qualcosa, in quella triangolazione erotica, si è inceppato. La giovane russa avrebbe rifiutato il rapporto, scatenando la furia della moglie che, a detta dell'accusa, l’avrebbe schiaffeggiata, strattonata, gettata a terra e derubata di 440 euro in contanti.

Serata di sesso e violenza

Un'aggressione violenta, ma non priva di motivazioni simboliche, almeno stando al racconto della vittima: «Diceva che voleva vendicarsi della guerra a Kiev e di Putin per le sofferenze sofferte dal suo popolo». Un’esplosione di rabbia che avrebbe mischiato dramma personale, politica internazionale e frustrazione intima.

L’avvocato della donna, Gianluca Visca, aveva chiesto l’assoluzione: Non ci sono prove per dimostrare la sua responsabilità, aveva sostenuto in aula, cercando di smontare l’impianto accusatorio. Ma per i giudici la ricostruzione del pm ha retto, e la condanna è arrivata.

Il caso, pur nella sua apparente marginalità, apre uno squarcio inquietante su come il conflitto bellico possa infiltrarsi nei gesti quotidiani, perfino negli spazi più intimi, trasformando la tensione geopolitica in una scintilla capace di accendere la miccia della violenza.

Non è solo cronaca di nera periferia torinese, ma il riflesso distorto di un’epoca in cui la guerra si insinua nelle relazioni umane, senza chiedere il permesso. In un processo che mescola eros, rancore e identità nazionali, resta una domanda aperta: quanto di quella rabbia era personale, e quanto era figlia di un conflitto che continua a bruciare, lontano eppure così vicino?

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