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Cronaca
08 Marzo 2025 - 09:21
Aveva solo 45 giorni di vita. Un tempo troppo breve per vedere il mondo, per scoprire i colori, per sentire davvero il calore della sua famiglia. Il suo respiro si è interrotto tra le mura sterili di un ospedale, tra il pianto disperato di chi l’amava e il senso di impotenza di chi non è riuscito a salvarla. Ora, su quella morte improvvisa e crudele, cerca di fare luce la magistratura.
La piccola viveva con la sua famiglia nel campo nomadi di strada Cebrosa, ai margini della città. Quando i genitori si sono accorti che stava male, che qualcosa non andava, che il suo corpicino era troppo debole, hanno preso una decisione istintiva: caricarla in auto e correre all’ospedale Maria Vittoria di Torino.
Non hanno chiamato un’ambulanza. Non hanno atteso i paramedici del 118. Hanno stretto la loro bambina e sono partiti, forse nella speranza che il tempo fosse dalla loro parte. Una scelta dettata dall’ansia, dal panico o dalla convinzione di fare più in fretta. Ma la corsa disperata verso l’ospedale non è bastata. La piccola è morta poco dopo, lasciando nel silenzio più cupo una famiglia distrutta e uno stuolo di medici che nulla hanno potuto fare per strapparla a quel destino atroce.
Dopo il decesso, l’ospedale è stato raggiunto da amici e parenti della famiglia, arrivati in massa per stringersi attorno ai genitori. Ma, mentre il dolore si diffondeva come un’onda, sono arrivate anche le Forze dell’Ordine.
Inizialmente, le indagini erano di competenza della Procura di Torino, ma con il passare delle ore il fascicolo è stato trasferito alla Procura di Ivrea e ai Carabinieri della Tenenza di Settimo Torinese. Nessun dettaglio è stato lasciato al caso: la magistratura vuole risposte e ha disposto un’autopsia sul corpo della bambina, l’unico strumento che potrà chiarire le cause del decesso.
Ma non è tutto: il pubblico ministero ha ordinato anche il sequestro della roulotte in cui la piccola viveva con la sua famiglia. Si vuole accertare se le condizioni igienico-sanitarie fossero adeguate, se vi fossero elementi che possano aver contribuito al peggioramento della sua salute. Una misura necessaria, ma che pesa come un macigno sulla vicenda.
I medici non escludono alcuna pista. Le ipotesi più accreditate parlano di una possibile malformazione congenita o di un drammatico caso di "morte bianca".
La morte improvvisa del lattante, meglio nota come Sids (Sudden Infant Death Syndrome), è un fenomeno ancora avvolto nel mistero. Si tratta di una condizione inspiegabile, che colpisce bambini apparentemente sani e che costituisce circa l’80% di tutte le morti improvvise nei primi mesi di vita. Secondo gli studi della Fondazione Veronesi, in Italia la Sids colpisce tra 0,3 e 1 bambino su 1000 nati vivi, un numero piccolo ma devastante per chi ne viene travolto.
Esiste, però, un’altra possibilità: il decesso potrebbe essere stato causato da una patologia cardiaca o metabolica non diagnosticata, o ancora da una condizione che in qualche modo ha compromesso il fragile equilibrio di un neonato di appena 45 giorni.
Mentre si attende l’esito dell’autopsia e dei controlli sulla roulotte, resta una realtà inconfutabile: una bambina è morta, e nessuno sa ancora il perché.
Se il destino l’ha strappata via per cause naturali, se nulla poteva essere fatto per salvarla, questa storia sarà solo un dramma familiare senza colpevoli. Ma se, invece, emergeranno negligenze, mancanze, ritardi, allora la giustizia dovrà farsi carico di una verità che oggi appare ancora avvolta nell’ombra.
In una roulotte di Settimo Torinese, una culla è rimasta vuota. E una madre e un padre guardano il cielo cercando risposte che, forse, nessuno sarà mai in grado di dare.
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