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Torino, processo per la morte del piccolo Tito: a giudizio l’anestesista

Il chirurgo ha patteggiato, il primario assolto. Ora l’accusa si concentra sul monitoraggio durante l’interventocronaca, sanità, processo, Torino, malasanità

Torino

Torino, processo per la morte del piccolo Tito: a giudizio l’anestesista

Si apre un nuovo capitolo giudiziario nel drammatico caso del piccolo Tito, il bimbo di dieci mesi morto durante un intervento chirurgico all’ospedale Regina Margherita di Torino nel 2021. Dopo il patteggiamento del chirurgo, che aveva reciso per errore l’aorta, e l’assoluzione del primario di chirurgia pediatrica, ora al centro del processo finisce l’anestesista, accusato di non aver monitorato adeguatamente il bambino in sala operatoria. Secondo la tesi dell’accusa, se il medico avesse impiegato più pulsossimetri e non solo uno, si sarebbe potuto intervenire tempestivamente per salvargli la vita. La difesa, invece, sostiene che tutte le procedure siano state eseguite correttamente e che l’errore fatale sia stato imprevedibile.

In aula, la testimonianza della madre del piccolo Tito ha aggiunto ulteriore dolore alla vicenda: "Nessuno ci aveva detto che il primario non sarebbe stato in sala operatoria e che al suo posto ci sarebbe stato un medico per adulti", ha dichiarato, spiegando di aver scoperto questa circostanza solo il giorno della morte del figlio. Un dettaglio che solleva interrogativi sulla gestione della chirurgia pediatrica e sulle responsabilità nella catena di comando. Il bimbo, nato con un pezzetto di polmone in più, era stato sottoposto a un intervento per rimuoverlo, ma l’incidente chirurgico non fu compreso immediatamente, lasciandolo in terapia intensiva per ore fino al tragico epilogo.

Il chirurgo coinvolto ha smesso di operare, mentre il primario, assolto da ogni accusa, ha ribadito in aula che con quel medico vi era un’abitudine collaborativa consolidata, finalizzata a garantire maggiore sicurezza e competenza negli interventi toracici pediatrici. Un’affermazione che, però, non cancella il dolore di una famiglia che ancora cerca verità e giustizia.

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