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Cronaca
04 Settembre 2023 - 02:28
Un casco da lavoro con un cuore rosso che sanguina e Giuseppe Aversa, 49 anni
“Comunque non c’è più”. È ciò che il fratello di Giuseppe Aversa, una delle cinque vittime di Brandizzo, ripete portando un mazzo di fiori alla stazione di Brandizzo. Lo ripete anche rispondendo al fatto che possano emergere verità, spiegazioni: “Non c’è più, nessuno lo porterà indietro”.
La sua foto, con la scritta: “Buon viaggio Pe, cavallo pazzo” e un cuore disegnato sono sull’immagine. Accanto c’è un biglietto: “Fai buon viaggio Pe, tu e i tuoi cari colleghi. Ci mancherai a vita. Ti amiamo”. E riesce a pronunciare poche parole, accanto alla propria moglie e alla figlia: “È rimasto nulla, mio fratello non c’è più e siamo addolorati. Ricordo una persona solare, divertente, con tanti amici. Una persona buona, come tante, a cui piaceva il suo lavoro”.
Giuseppe Aversa aveva 49 anni
Giuseppe Aversa aveva 49 anni. Aveva passato l’infanzia e l’adolescenza a Chivasso, prima di trasferirsi con la famiglia a Borgo d’Ale, nel vercellese.
Aversa viveva con la mamma Lidia e la compagna in una cascina ristrutturata in via Santina Cimalando. Aveva lavorato in passato come camionista e solo recentemente era stato assunto dalla ditta Sigifer di Borgo Vercelli.
Il casco giallo con un cuore rosso che sanguina lasciato alla stazione ferroviaria di Brandizzo
Il papà, impresario edile, era scomparso da qualche anno.
“Lo incontravo ogni tanto in giro per il paese - ricorda il sindaco del paese Pier Mauro Andorno, scosso per l’accaduto - valuteremo come amministrazione comunale se indire il lutto cittadino nel giorno dei funerali”.
Il sindaco aggiunge: “Ci stringiamo intorno alla famiglia, esprimendo la nostra vicinanza e profondo cordoglio”.
Anche il primo cittadino di Chivasso, Claudio Castello, ha voluto far sentire la sua vicinanza alla famiglia di Aversa.
L’altro giorno è andato a trovare la mamma e la compagna.
“La madre mi ha detto, “io non ho più saputo niente e mio figlio non c’è più” - racconta Castello -. A casa si sono allarmati perché Giuseppe non era passato a prendere la compagna al lavoro. Poi verso le 9 di giovedì mattina dal tamtam sui social hanno capito che non era nella lista degli scampati. Ma come è possibile? Non le ha avvisate nessuno”.
Il sindaco di Chivasso - che ha annunciato di voler proclamare il lutto cittadino nei giorni del funerale - all’indomani della strage alla stazione ferroviaria di Brandizzo è stato tra i più duri nei commenti.
Il sindaco ai nostri microfoni non ha usato mezzi termini ed ha puntato il dito contro la mala gestione delle stazioni da parte di Rete Ferroviaria Italiana (Rfi). Secondo Castello la morte dei cinque operai è imputabile all’incuria e ad un problema di gestione delle stazioni, spesso abbandonate a sé stesse.
“È una tragedia - commenta - che non deve succedere. Dopo la Thyssen questa è senza eguali, è una tragedia frutto delle mala gestione, delle privatizzazioni di queste grosse infrastrutture che non devono essere in mano ai privati ma gestite e controllate dallo Stato. Le ferrovie funzionavano bene fino a quando erano gestite dello Stato. Non deve succedere che ai 160 all’ora degli operai vengono travolti come dei fuscelli, 5 ragazzi, tra cui uno di Chivasso”.
L’attacco del Sindaco non si ferma qui: “Sono vittime dell’incuria e della mala gestione di queste strutture pubbliche. Sono strutture che devono essere gestite dallo Stato. Sono infrastrutture importanti, sono importanti gli interventi di manutenzione e devono essere eseguiti con regole ferree, come avveniva prima. C’è una questione relativa al mondo del lavoro, con regole che non vengono più rispettate o verificate. Abbiamo avuto a che fare con le ferrovie anni addietro e c’erano regole ferree da rispettare”.
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