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Cronaca
03 Settembre 2023 - 11:07
Le immagini delle telecamere di videosorveglianza, le telefonate registrate e i dati documentali già in possesso della procura confermano quello che era il sospetto della prima ora: nessuno aveva autorizzato l'avvio dei lavori al binario 1 della stazione di Brandizzo, nel Torinese, dove nella notte tra mercoledì e giovedì un treno in transito ha travolto e ucciso cinque operai.
Antonio Massa, 46 anni di Grugliasco, l'addetto di Rfi al cantiere, il cosiddetto "scorta-ditta", è stato il primo a finire nel registro degli indagati. "E' un uomo distrutto", sottolineano negli uffici della procura di Ivrea, dove in queste ore stanno affluendo faldoni di documenti da analizzare.
Lui stesso, sentito nelle ore immediatamente successive il disastro, mentre ancora si trovava in ospedale a Chivasso, ha ribadito più volte di avere "mandato a morire quei ragazzi".
Come? Non rispettando le procedure di sicurezza.
"Il cantiere è iniziato senza alcun nullaosta", sottolinea la procuratrice capo d'Ivrea, Gabriella Viglione, confermando gravi violazioni della procedura di sicurezza prevista per i cantieri di manutenzione ferroviaria. Il sospetto è stato confermato dall'incrocio di tutti gli elementi già raccolti dagli investigatori.
A partire proprio dalle telefonate intercorse tra Massa e la dirigente movimento della stazione di Chivasso. I lavori, infatti, erano previsti in quel tratto e in orario notturno, ma era necessario coordinarsi con la sala operativa in quanto era previsto il passaggio di tre treni: uno di linea, uno di servizio (quello che ha travolto gli operai) e un terzo convoglio all'una e mezza di notte.
Stando alle registrazioni, alle 23.30, la sala operativa avrebbe fornito all'addetto Rfi a Brandizzo delle fasce orarie nel corso delle quali effettuare i lavori, in relazione ai previsti passaggi dei treni, ma nessun via libera ad avviare il cantiere.
Quando a mezzanotte, Massa richiama Chivasso per ottenere il nullaosta, il primo treno di linea è già transitato ed è possibile che sia stato erroneamente scambiato per il secondo che, invece, stava arrivando proprio in quel momento in stazione, a una velocità prossima ai 160 chilometri orari.
Gli operai, a quel punto, si trovavano già sui binari, evidentemente autorizzati dal referente Rfi e dal capocantiere, ma senza alcun via libera dalla centrale. Nella telefonata, prima che la linea cada, si sente sopraggiungere il convoglio. Quando Massa, pochi secondi dopo, riesce a ricontattare la centrale di Chivasso, la tragedia si è già consumata.
Non è l'unico indagato: con lui c'è anche Andrea Girardin Gibin, 52 anni di Borgo Vercelli, capocantiere della Sigifer, l'azienda vercellese che aveva in appalto i lavori di manutenzione sui binari. Erano entrambi vicino al binario 1 quando il treno ha travolto i cinque operai.
Saranno interrogati la prossima settimana a Ivrea. Per quanto riguarda i reati la procura indaga per disastro e omicidio colposo, ma non è escluso si arrivi a ipotizzare il dolo eventuale.
"Ci stanno scrivendo colleghi da diverse procure - rivela poi la procuratrice Viglione - per segnalare episodi più o meno simili che si sono verificati di recente. Per questo proseguiamo anche con gli accertamenti per verificare se può essere considerata sicura la procedura complessiva. Quanto accaduto ha reso palese che il meccanismo di garanzia non era sufficiente a tutelare un lavoro così delicato".
Per quanto riguarda i funerali dei cinque operai invece si dovrà attendere ancora qualche settimana, perché c'è un oggettivo problema con l'identificazione dei resti. Un pool specializzato di medici legali è al lavoro, con diverse tecniche, per riuscire a identificarli in maniera ragionevole: le procedure dureranno parecchio tempo.
"Abbiamo chiesto alle famiglie dettagli utili che possono aiutare all'identificazione - spiega la procuratrice capo di Ivrea, Gabriella Viglione - ma, secondo la relazione del medico legale, ci saranno comunque diverse parti che non potremo riconoscere".
Se ne occuperà un'equipe di medici legali, però le procedure dureranno parecchio tempo: "Non sarà una cosa breve - conferma la procuratrice - le attività sono già iniziate ma si tratta di un lavoro tecnico estremamente delicato per identificare i resti in maniera ragionevole".
Considerata la velocità e il peso del treno infatti i corpi dei cinque operai sono stati dilaniati come dall'esplosione di una bomba.
Dalla maledetta notte della tragedia, i treni che transitano da Brandizzo fischiano a lungo mentre transitano lungo i binari sui quali tra il 30 e il 31 agosto hanno perso la vita Giuseppe Sorvillo, 43 anni residente a Brandizzo, Kevin Laganà, 22 anni, di Vercelli, Michael Zanera, 34 anni, di Vercelli, Giuseppe Saverio Lombardo, residente a Vercelli, Giuseppe Aversa, 49 anni, di Chivasso.
E' un lungo suono che squarcia il silenzio della notte e il cuore dei brandizzesi che li sentono passare.
In molti li sentono dalle loro case che per chilometri costeggiano la ferrovia in questo paese diviso in due da quei binari sui quali corrono i treni fin dalla metà dell'800.
Fischiano. Fischiano a lungo in segno di lutto e di rispetto per quelle vittime innocenti.
"Emettono due suoni prima di entrare in stazione in segno di saluto alle vittime. E' la dimostrazione di un lutto profondo che corre nelle vene di tutta la categoria" spiega un vecchio ferroviere ormai in pensione.
"Io da casa mia li sento. Li sento tutte le notti. Ed ogni volta mi percorre un lungo brivido. Non si può morire così, non si può" dice con la voce rotta da una commozione che, con i giorni, non diminuisce.
E i brividi vengono anche a ripensare che non è la prima volta che si verifica una tragedia di queste dimensioni.
Era il 29 marzo del 1956. Allora gli operai morti - che stavano riparando le traversine - furono due.
Erano entrambi di Borgo Vercelli. e la ditta di Borgo Vercelli per cui lavoravano - la Cooperativa Operaia - era l'«antenata» della Sigifer. Riparava la linea per conto delle Ferrovie, proprio come oggi.
All'epoca la “misura di sicurezza” era un trombettiere: c'era un ferroviere che suonava la cornetta quando stava per arrivare un treno. E se non lo sentivi...
Si chiamavano Luigi Beretta di 36 anni - oggi la figlia Ivana ha riportato la notizia su Facebook - ed Evasio Innocenti di 35 anni.
Un'automotrice, che non aveva avuto il segnale di stop, piombò all'improvviso su alcuni operai che stavano facendo dei lavori per rinforzare le traversine delle linee ferroviarie. Alcuni colleghi riuscirono a salvarsi.
L'ARTICOLO DE LA STAMPA DEL 30 MARZO 1956 CHE RIPORTA LA NOTIZIA
Nell'articolo del quotidiano La Stampa del 30 marzo 1956 che parla dell'incidente, si dice che sempre in quel tratto di ferrovia, a Brandizzo, qualche anno prima altri quattro operai erano stati investiti e dilaniati da un treno rapido.
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