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22 Dicembre 2025 - 12:26
La chiamano letterina di Natale, ma dentro non c’è nulla di dolce. È piuttosto un elenco ragionato, puntuale e documentato di criticità strutturali, disservizi quotidiani e soprattutto di una assenza cronica di visione politica sul trasporto pubblico ferroviario in Piemonte. A firmarla è il Co.M.I.S., Coordinamento Mobilità Integrata e Sostenibile, che per il secondo anno consecutivo ha contribuito alla stesura del rapporto Pendolaria di Legambiente, partecipando anche alla presentazione nazionale a Roma.
Fin dalle prime righe, il messaggio è chiaro: non si tratta di un atto d’accusa, ma di uno spunto di riflessione per migliorare le problematiche quotidiane dei cittadini. Una precisazione che, letta alla luce dei contenuti, suona quasi amara. Perché il quadro che emerge è quello di un sistema ferroviario regionale affaticato, inadeguato, spesso inermi di fronte alle emergenze, e ancora lontano da quella transizione verso il trasporto di massa di cui si parla da anni.
Nel contributo al rapporto Pendolaria, il Co.M.I.S. ha messo nero su bianco due nodi centrali: infrastruttura e materiale rotabile. Sul primo fronte, i problemi sono ormai noti ai pendolari: cantieri ovunque, rallentamenti continui, modifiche d’orario, soppressioni improvvise. Cantieri che, viene ricordato, sono in gran parte legati ai fondi PNRR, e che dovrebbero concludersi nel 2026. L’auspicio, esplicitato senza giri di parole, è che dal 2027 sia finalmente visibile una riduzione delle perturbazioni al servizio. Per ora, però, il presente è fatto di disagi continui.
Ai cantieri si sommano i malfunzionamenti ripetuti di passaggi a livello, deviatoi e segnali, spesso negli stessi punti della rete. La lettera cita tratti precisi: Alba–Carmagnola, Ciriè–Germagnano, Pinerolo–Torino Lingotto, la Biella–Novara, ma anche Chieri–Trofarello e Settimo–Rivarolo. Non episodi isolati, ma guasti che si ripetono, trasformando l’eccezione in normalità.
Il capitolo del materiale rotabile non offre un quadro molto più rassicurante. È vero, viene riconosciuto, che i nuovi treni garantiscono prestazioni migliori e maggiore comodità di viaggio. Ma è altrettanto vero che non sostituiranno integralmente la flotta più vecchia, che continuerà a circolare. Nel frattempo, i pendolari registrano malfunzionamenti sia sui convogli più anziani sia su quelli più moderni, oltre a episodi sempre più frequenti di sovraffollamento, dovuti a treni con capienza insufficiente rispetto alla domanda reale. Un esempio su tutti: alcune corse della Torino–Milano, ormai simbolo di una linea al limite.
A peggiorare il quadro c’è poi un fenomeno che incide sulla qualità del servizio e sulla sicurezza: l’aumento degli atti di vandalismo contro treni e stazioni, per i quali il Co.M.I.S. chiede una sorveglianza rafforzata. Un segnale ulteriore di un sistema lasciato troppo spesso senza presidio.
Uno dei passaggi più duri della lettera riguarda il mancato ripristino dei servizi sospesi durante il Covid. A distanza di anni, molte corse non sono mai tornate. Nei fine settimana e nei festivi, intere aree restano di fatto isolate: Biellese, Casale Monferrato, Nizza Monferrato, ma anche le tratte da Fossano verso Limone e San Giuseppe di Cairo. A Cuneo manca ancora una coppia di collegamenti fondamentali, uno serale da Torino e uno mattutino in senso inverso. Sulla Bra–Cavallermaggiore resiste il servizio sostitutivo con bus, mentre sulla Torino–Milano si registra solo un timido ripristino di una coppia di corse.

C’è poi la questione, mai risolta, delle linee sospese. Qualcosa si è mosso con la riattivazione della Asti–Alba, della Casale Monferrato–Mortara e della Cuneo–Saluzzo–Savigliano, ma per il Co.M.I.S. resta moltissimo da fare per restituire un servizio ferroviario alle aree interne, quelle che più avrebbero bisogno di collegamenti efficienti, puntuali e integrati con altri mezzi, pubblici e privati, per garantire davvero l’ultimo miglio.
Il cuore politico della lettera arriva quando il Coordinamento denuncia apertamente la mancanza di una visione del futuro. Non esiste, viene scritto, una progettualità capace di guidare la transizione verso il trasporto di massa, né una strategia per ricostituire almeno in parte la rete ferroviaria che fino a qualche decennio fa permetteva spostamenti capillari in tutta la Regione e oltre i suoi confini. Ancora più netta la critica all’uso distorto dei numeri sulla frequentazione del passato, spesso branditi come giustificazione per tagli ai servizi e per l’assenza di volontà politica nel rispondere a una domanda di trasporto reale e concreta. Una tesi ribaltata dai fatti: la domanda crolla quando l’offerta viene sabotata, mentre investimenti e visione generano nuova mobilità, come dimostrano altre regioni italiane.
La letterina si chiude con una nota definita positiva, ma con molte cautele: l’attivazione del collegamento diretto Asti–Milano Centrale, richiesta da tempo dai pendolari. Un’opportunità nuova per lavoratori e studenti, ma che lascia scoperti molti territori della provincia, privi di collegamenti mattutini e nei fine settimana. Difficile, in queste condizioni, parlare di sviluppo turistico. Da qui la conclusione, lapidaria: bene ma non benissimo. Mancano ancora troppi elementi per parlare di svolta. Servono prospettive chiare e ambiziose, senza demagogia, considerando il trasporto pubblico non come un costo, ma come un investimento per salute, sicurezza, sviluppo e occupazione.
Il quadro piemontese tracciato dal Co.M.I.S. trova una conferma spietata nei dati di Pendolaria 2025. I viaggiatori giornalieri in Piemonte sono aumentati del 9,6% rispetto al 2022, ma restano lontani dai livelli del 2019 e ancora di più da quelli del 2009. Una ripresa parziale, che non corrisponde a un miglioramento del servizio. Anzi.
Il Sistema Ferroviario Metropolitano di Torino è il simbolo di questo scollamento. Dovrebbe essere l’ossatura della mobilità regionale, ma è frenato da infrastrutture insufficienti, materiale rotabile non sempre adeguato e soprattutto da un nodo urbano saturo, mai realmente potenziato. I guasti ai passaggi a livello, i deviatoi che saltano, le interruzioni improvvise sono la norma. E le linee SFM4 Alba–Ciriè e SFM7 Fossano–Ciriè hanno visto crollare puntualità e affidabilità sotto le soglie contrattuali.
Qualche miglioramento, come l’arrivo dei treni Rock e Pop, non basta a cambiare la sostanza. Restano mezzi vecchi, banchine inaccessibili, una modernizzazione incompleta. E sulle altre linee il quadro non migliora: Torino–Milano, Torino–Cuneo, Novara–Biella, Torino–Genova a cadenza bioraria, collegamenti festivi mai ripristinati.
Il risultato finale è quello che i pendolari conoscono bene: più passeggeri, meno servizi. Più annunci, meno binari. Più grandi opere simboliche, meno treni che funzionano. La letterina di Natale del Co.M.I.S. non chiede regali. Chiede una cosa molto più semplice e molto più difficile: un sistema ferroviario che funzioni davvero. E soprattutto una politica che smetta di voltarsi dall’altra parte mentre la vita quotidiana dei pendolari continua a scorrere, in ritardo, su binari sempre più fragili.
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